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A un anno dalla sua fondazione, una squadra di rugby rivolta a giovani affetti da Sindrome di Down ha già coinvolto 40 famiglie!

right to life news sindrome di down universitari per la vita Sep 24, 2024

di Universitari per la Vita

Prima di pubblicare questa testimonianza facciamo una premessa: esistono diverse tipologie di screening prenatale, alcune invasive, altre non invasive, alcune intrinsecamente abortive, altre solo estrinsecamente. Cosa intendiamo per “estrinsecamente”? Lo ha spiegato a più riprese la prof.ssa Giorgia Brambilla quando nel 2021 approfondì il tema del c.d. test prenatale “non invasivo” o NIPT. Riportiamo le sue parole per spiegare per quale motivo tutte queste tecniche pongono dei problemi morali: «È definito un esame privo di rischi. Per la madre lo è sicuramente. E per il figlio in grembo? Se per rischio si intende il danno possibile legato alla tecnica, evidentemente questo non c’è. Ma se pensiamo alla mentalità e al fine con cui viene fatto, il feto ne corre di rischi, eccome! Il test rivela delle condizioni cromosomiche che in quanto tali non sono modificabili (come la Trisomia 13, 18 e 21). Dunque, la diagnosi non è per la cura, ma per l’eliminazione del bambino, in virtù di un’eugenetica di stampo liberale che tramuta il desiderio di un figlio sano in una priorità da raggiungere ad ogni costo. E questo non è un bollino in più della “raccolta – diritti”! È la negazione del significato più profondo dell’atto medico e di quello della vocazione genitoriale». Per chi volesse approfondire il tema, suggeriamo un video che la professoressa pubblicò. Buona lettura di questa bella testimonianza.

Una squadra di rugby per giovani con sindrome di Down, lanciata a ottobre 2023, conta ora più di 40 famiglie iscritte agli allenamenti quindicinali.

I Leicester Tigers hanno fondato la squadra nel mese della consapevolezza della sindrome di Down, dopo che l’allenatrice Megan Kirby ha notato la mancanza di opportunità per i giovani con la sindrome di Down.

«Mi sono trasferita nelle Midlands l’anno scorso, verso giugno, e quando sono entrata nel mio nuovo ruolo ho visto che non c’era molto da fare in tutte le East Midlands per le persone con la sindrome di Down», ha detto Kirby. «Così è nata l’idea di creare una squadra e i Leicester Tigers si sono mostrati collaborativi da subito… è stata la decisione migliore che abbia mai preso».

Kirby è una responsabile dell’educazione presso la Leicester Tigers Foundation, l’ente di beneficenza della squadra di rugby a sostegno della comunità locale, e ha un familiare affetto dalla sindrome di Down. «Mi commuovo quando ne parlo», ha dichiarato. «Alcune famiglie non hanno mai incontrato altri bambini con la sindrome di Down prima d’ora, quindi si sentono accettate… ci sono solo felicità e gioia quando siamo lì». «Qui siamo una famiglia», ha aggiunto. «Se giocano qui, sono a tutti gli effetti giocatori dei Leicester Tigers. C’è da esserne orgogliosi, non è così?».

Kelly Towl è una madre di tre figli e la sua famiglia è tifosa dei Leicester Tigers. Sua figlia Lucie-Ann, di otto anni, partecipa agli allenamenti.

«Non ci sono molti sport rivolti esclusivamente a bambini con la sindrome di Down, quindi è positivo che questo accada», ha detto. «I vostri figli non sono giudicati, noi non siamo giudicati… siamo tutti sulla stessa barca».

«Penso che i bambini con la sindrome di Down vengano stereotipati… quindi questa è davvero un’ancora di salvezza e altri sport e altre squadre dovrebbero prenderne atto», ha aggiunto. «Basta vedere il sorriso sui loro volti la domenica mattina e l’abbraccio che si danno l’un l’altro, è semplicemente strappalacrime».

Judy Lindsay-Timmins, madre del diciassettenne Louis, ha dichiarato che la squadra è un «ambiente sicuro e meraviglioso per i nostri giovani». La famiglia affronta quasi un’ora di viaggio dal Lincolnshire per partecipare agli allenamenti.

«Louis è molto attivo, ama stare all’aria aperta e avere l’opportunità di praticare sport come chiunque altro» ha detto. «Si sente come se fosse un membro di una squadra. Un gruppo familiare… perché invece di stare in disparte, viene accolto, ne fa parte».

Un’altra madre di un partecipante, Joy York, ha detto: «Le persone con la sindrome di Down sono uniche: hanno abilità diverse, capacità fisiche diverse».

«Ci sentiamo tutti benvenuti. Siamo sicuramente una squadra di Tigers».

Kirby ha incoraggiato altre squadre sportive a creare programmi simili, dopo aver visto il successo del gruppo dei Leicester Tigers.

«Venite a uno dei nostri allenamenti, vedete quanta gioia e quante risate può portare alla vostra vita e a quella dei vostri amici. Non c’è assolutamente nulla di negativo, è tutto positivo», ha detto.

Nonostante testimonianze come quelle dei genitori dei giovani che frequentano il corso di rugby, esistono numerose storie di donne che, dopo aver ricevuto una diagnosi prenatale di disabilità fetale, hanno subito pressioni per abortire, spesso da parte degli stessi medici.

Sebbene molte delle testimonianze siano aneddotiche, il fenomeno è abbastanza frequente tanto che nel 2020 il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG) si è unito al Royal College of Midwives e alla Society and College of Radiographers per pubblicare delle linee guida che sottolineano l’importanza di un approccio non direttivo nel contesto di uno screening prenatale per la sindrome di Down, la sindrome di Edwards e la sindrome di Patau.

Le linee guida sottolineano che i risultati dei test prenatali dovrebbero essere forniti e discussi in modo “non direttivo”, in modo tale che, sia che un test indichi che un bambino ha la sindrome di Down o meno, nessun genitore dovrebbe sentirsi pressato a decidere se abortire o meno. L’enfasi su un approccio non direttivo viene posta nel contesto di alcuni genitori non pensano minimamente all’aborto “a cui viene chiesto ripetutamente se vogliono ulteriori test diagnostici o un aborto”.

«[Questi genitori] riferiscono di aver visto le loro decisioni messe in discussione e di aver subito pressioni per cambiare idea». Le linee guida affermano che: «Questo non dovrebbe accadere».

La portavoce di Right To Life UK, Catherine Robinson, ha dichiarato: «È davvero edificante sentire la storia di una grande squadra di rugby che istituisce un programma per sostenere i giovani con la sindrome di Down, e che questa storia riceva una copertura così ampia. Con una maggiore consapevolezza del potenziale che tutte le persone con la sindrome di Down hanno di vivere una vita soddisfacente, si spera che le persone comincino a cambiare idea sulla diagnosi e a riconoscere l’ingiustizia di abortire questi bambini prima che abbiano la possibilità di vivere al di fuori del grembo materno».

Fonte: Right To Life News (16/09/2024)

 

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