Anoressia e gloria
Nov 15, 2022di Silvana De Mari
I disturbi alimentari psicogeni sono una malattia la cui patogenesi può avere due fattori diversi, che possono agire soli o associati. Il primo è una patologia familiare, che non ha permesso alla persona di avere sufficiente fiducia in se stessa da resistere alle pressioni esterne, il secondo, molto più importante di quanto si pensi, è la pressione esterna, il mito della magrezza, una patologia sociale che schiaccia come una pressa chi non è abbastanza corazzato da resistere. Le derisioni dei compagni di classe e quelle degli allenatori possono essere devastanti. Qualcuno resisterà, sicuramente la maggioranza, altri svilupperanno la malattia, e un solo caso sarebbe già troppo.
L’anoressia è una malattia atroce, caratterizzata da dimagrimento eccessivo, intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è scheletrici o quando si sta per morire. Ci si vede sempre troppo grassi anche quando si è clamorosamente sottopeso. È quasi esclusivamente un problema femminile, comincia tra i 12 e 18 anni, in genere, questa è un’età fragile durante la quale può bastare pochissimo.
Come tutti i disturbi del comportamento è contagiosa. Alcuni luoghi, palestre, sfilate, sport, alta moda, danza, sono più pericolosi. Nasce e cresce un odio feroce, totale per i fianchi, la pancia, le cosce. L’eccessiva riduzione del tessuto adiposo non permette il metabolismo degli ormoni sessuali e, conseguentemente, il ciclo mestruale e la calcificazione delle ossa.
La fame è un dolore. Il dolore indica un danno. La fame è un danno. La mancanza di nutrienti danneggia il cuore, che può fermarsi, danneggia il cervello, che è fatto di grasso e ha bisogno di zucchero. La malattia coinvolge, col passare del tempo, tutto l’organismo: calo di temperatura e pressione e della massa muscolare, pelle disidratata e tesa, colorito giallo, occhi cerchiati e arrossati, fragilità ossea, dentaria e delle unghie, perdita di capelli, amenorrea, alterazioni cardiache, poi stanchezza, umore instabile, freddo, demenza.
I danni sono solo in parte reversibili. L’infertilità, le aritmie cardiache possono essere definitive. Sicuramente moltiplicato il rischio e la precocità dell’osteoporosi. Se la demenza da fame è reversibile, senz’altro c’è una perdita di sinapsi (correlazione tra le cellule nervose) che si formano solo nell’adolescenza e che non si formano in un organismo affamato. L’intelligenza perde potenzialità e smalto. La fame è sempre devastante per un organismo in accrescimento. La malattia viene accelerata non solo da drastiche diete, ma anche da vomito volontario, abuso di diuretici, di lassativi e di farmaci anoressizzanti.
L’anoressia è un’armatura protettiva sempre più rigida che imprigiona e uccide. Al di sotto di un certo peso l’organismo emette neurotrasmettitori che eccitano come la droga. Dopo la costruzione della corazza nessuna ragionevolezza funziona. Chi soffre di anoressia è una deportata volontaria dal mondo dei vivi. L’autostima di queste pazienti è talmente fragile che devono continuamente dimostrarsi il proprio valore avendo la forza di resistere alla fame. Non hanno altri mezzi per non disprezzarsi. L’anoressia porta al desiderio di imbrogliare, col vomito autoindotto, che a sua volta crea una dipendenza micidiale, con dei danni al fisico e all’autostima gravissimi. Cominciano episodi di abbuffate (consumo rapido di un gran quantitativo di cibo in un modesto periodo di tempo) Il cibo è sempre ad alto contenuto calorico. Il suo consumo è sempre solitario. Talvolta avviene quasi in stato di trance. C’è una sensazione di mancanza di controllo sul proprio comportamento alimentare nel corso delle abbuffate, che sono sempre seguite da un feroce senso di colpa. La persona regolarmente si dedica al vomito autoindotto, all’uso di lassativi o diuretici, a diete ristrettive o al digiuno, oppure a forme di rigorosa disciplina finalizzate al fatto di evitare gli aumenti di peso.
Perché colpisce le donne più degli uomini? Perché sulle donne la pressione è spaventosa. Perché la vera donna è magra. Perché le donne sono più insicure degli uomini. Perché le donne hanno il vizio della perfezione. Perché non c’è più un’indicazione chiara di quale sia la perfezione a cui bisogna uniformarsi: essere vergini? Non essere vergini? Sposarsi? Non sposarsi? Prendere il premio Nobel? Fare la torta di mele? Vincere le olimpiadi? Avere un milione di follower? Nel dubbio si può perdere qualche chilo e rassicurarsi.
Il grasso è un tessuto. Per i maschi il grasso sottocutaneo è un optional. Il corpo maschile può essere privo di grasso sottocutaneo ed essere perfettamente sano. Per le femmine è un componente irrinunciabile. Quando ne siamo prive il metabolismo degli ormoni sessuali salta e con lui saltano le mestruazioni e il calcio nelle ossa.
Chiunque si sia occupato di disturbi alimentari conosce benissimo la correlazione tra lo sport ad alto livello, in particolare quello basato sul valore estetico, e l’anoressia. Per chi avesse dei dubbi, sono innumerevoli gli articoli su Pub Med (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26832977/) che chiariscono ulteriormente quello che tutti sappiamo: dedicarsi alla ginnastica ritmica, alla ginnastica artistica e al pattinaggio artistico, come alla danza, moltiplica i rischi di sviluppare un’anoressia addirittura di più del mestiere di modella, con in più l’aggiunta del dolore e delle fratture, inclusa quella della colonna vertebrale.
Nessuno si è mai ammazzato correndo i cento metri piani, molte vite, a cominciare da quella della ginnasta sovietica Elena Muchina si sono spezzate perché gli allenatori fanno il loro mestiere: spingono al massimo per avere il massimo di vittorie. Il loro compito è il massimo delle vittorie, è su quello che è giudicato un allenatore. Del benessere psicofisico delle sue atlete fino ad ora non è importato molto a nessuno. Ci stanno andando di mezzo solo gli allenatori, ma in realtà tutto il sistema è complice. Si premiano i salti più alti e leggiadri, con un chilo di più si salta di meno. Se il salto è molto alto la caduta fa più male. Il salto che ha fratturato il rachide cervicale di Elena Muchina ora è vietato. Elena sapeva che era molto pericoloso, ma il suo allenatore l’ha spinta, praticamente obbligata a provarlo. La sua vita è stata giudicata meno importante di un’ eventuale medaglia olimpionica.
La ginnastica artistica e la ginnastica ritmica stanno diventando sempre più disumane. Le vincitrici delle Olimpiadi dell’inizio del secolo scorso oggi non supererebbero le attuali selezioni. Nella faticosa scalata al titolo di allenatori più criminali, la palma resta, a quanto ne sappiamo, a quelli della defunta e mai rimpianta DDR, che hanno distrutto la femminilità e la vita delle nuotatrici e delle sollevatrici di peso virilizzandole con dosi di testosterone che le hanno rese fortissime, calve, irsute, barbute e con una formidabile predisposizione al cancro. Gli allenatori sovietici e quelli della DDR mettevano incinte le loro atlete e le facevano abortire alla decima settimana: il corpo in gravidanza produce gonadotropina corionica, un ottimo doping naturale.
Ne ha parlato per prima Olga Kovalenko che ha avuto la fortuna di poter concepire il piccolo condannato a morte col proprio fidanzato, alle altre ha pensato il loro allenatore. I nostri allenatori si limitano a consigliare il disprezzo per il grasso che porta all’anoressia: grasso che cola, è il caso di dirlo.
Vorrei chiarire che i decessi da anoressia sono molti, e accuratamente sottostimati, perché non si muore di anoressia, ma delle sue complicanze. I decessi da anoressia sono nascosti sotto le parole infezione renale, polmonite, frattura di femore complicata da osteomielite, setticemia, arresto cardiaco da alterazione di elettroliti, frattura dell’esofago. Non si scrive anoressia sul certificato di morte, e l’anoressia scompare alla vista come una serpe nascosta sotto un sasso.
Vorrei fare i complimenti a tutti quelli che non ci sono stati: alle ragazzine che se ne sono andate sbattendo la porta, a quelle che si sono messe a correre nei boschi col cane, senza nessuno a cronometrare, a chi ha ritenuto la sua vita troppo preziosa per svenderla a chi vuole affamarla. La fame è un dolore, il dolore dei servi e degli schiavi. Chi accetta di affamarsi acquista la mente del servo, di un servo rinchiuso nel narcisismo cui è disposto a sacrificare tutto.
Vorrei fare un complimento a tutti i genitori che non hanno mollato, non hanno abdicato al loro ruolo, che quando hanno visto la figlia dimagrire pericolosamente, quando l’hanno pescata il bagno a vomitare hanno picchiato un pugno sul tavolo e l’hanno ritirata dalle competizioni, attirandosi la disapprovazione di tutti, accollandosi il pianto e la delusione si di una ragazzina che sarebbe rimasta sana, con le ossa forti.
E vorrei mandare un abbraccio a tutte le atlete dell’ex Unione sovietica e della ex DDR, che non ci sono state, che se ne sono andate, che hanno preferito la fabbrica, la ottusa miseria sovietica, a una dubbia gloria basata sul subire uno stupro e su una piccola vita distrutta. Nessuna medaglia vale tanto. Per inciso: lo sport è ancora fatto da gente sana, dilettante e allegra? Lo scopo delle Olimpiadi non doveva essere la salute, l’allegria e la fratellanza dei popoli?
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