È possibile una creazione eterna?
Jan 23, 2023di Francesco Lamendola
Chi non ammette che la Creazione sia una verità di ragione non va contro il dogma, poiché nessun documento magisteriale della Chiesa lo afferma in modo esplicito. Al contrario, la Costituzione Dogmatica Dei Filius di Pio IX, del 24 aprile 1870 (mancavano meno di quattro mesi a PortaPia!) dice sì, apertamente (Canone 1, 1):
Se qualcuno dirà che l’unico vero Dio, nostro Creatore e Signore, non può essere conosciuto con certezza dal lume naturale della ragione umana, attraverso le cose che da Lui sono state fatte: sia anatema;
tuttavia non dice che la Creazione in se stessa è una verità di ragione, ma che lo è l’esistenza del Creatore e Signore di tutte le cose. La differenza può sembrare sottile. Ma nel primo caso noi renderemmo la Creazione come una realtà necessaria (che non potrebbe fare a meno di esistere), mentre la Costituzione conciliare dice semplicemente che, con il retto uso della ragione naturale, noi possiamo conoscere Dio attraverso le cose che per Lui sono state Fatte (e che sono come il suo riflesso ed il chiaro attestato della sua sapienza, amorevolezza e sollecitudine), ma che avrebbero anche potuto non essere state fatte. Questo è il punto. Opinare diversamente equivale a legare necessariamente Dio alla Creazione, cioè fare di Dio un Dio necessariamente creatore: e dunque privarlo della sua assoluta libertà di decidere, di scegliere, di fare o di non fare, sempre in un modo che all’uomo è e resterà scarsamente comprensibile. Infatti, nel precedente articolo Perché Dio ha creato il mondo?, abbiamo bensì tentato di avanzare delle spiegazioni, ma tutto ciò che crediamo di aver dimostrato è che Egli ho ha creato percettibile intelligibile secondo la nostra “misura”, ossia secondo la nostra capacità di vederlo, di comprenderlo ed eventualmente di servircene per i nostri legittimi bisogni (ma forse, ahimè, non anche di apprezzarlo nel suo inestimabile valore spirituale ed estetico); e non molto di più.
Ora, la domanda che ci poniamo adesso è, se possibile, ancora più ardua: perché chiedersi se la Creazione possa essere eterna è la stessa cosa che chiedersi se Dio abbia creato il mondo ab initio, cioè prima del tempo: e che la conserverà in vita per sempre, anche dopo il Giudizio Universale. Per questo secondo punto, siamo certi che le cose andranno altrimenti: perché in Apocalisse, 21, 1, si legge:
Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più.
Il che era stato preannunciato, fra l’altro, in due distinti passi del profeta di Isaia (65,17 e 66,22):
Ecco infatti io creo / nuovi cieli e nuova terra; / non si ricorderà più il passato, / non verrà più in mente.
Sì, come i nuovi cieli / e la nuova terra, che io farò, /dureranno per sempre davanti a me /- oracolo del Signore – / così dureranno la vostra discendenza e il vostro / nome.
E che viene ribadito anche da s. Pietro (2Pt 3,13):
E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia.
Dunque, le Scritture parlano di terre nuove e cieli nuovi, che dureranno in eterno, e Gesù stesso dichiara che tutto il nostro essere psico-fisico verrà radicalmente trasformato (cfr. Luca 20, 34-36):
I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35 ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; 36 e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.
Se i cieli nuovi e la terra nuova dureranno per sempre, le cose di prima cesseranno di esistere. La Creazione non durerà in eterno, ma avrà un termine, o, e si preferisce, subirà una profonda trasformazione, al punto da divenire una cosa profondamente diversa, totalmente spirituale senza la più piccola traccia di carnalità. Ma al principio, quando la Creazione ebbe inizio e cominciò ad esistere? Certo sarebbe cosa assurda, e ridicola, pensare che Dio l’abbia creata contemporaneamente a se stesso: primo, perché in tal caso ci troveremmo di fronte a due realtà, Dio e il mondo, perfettamente simultanee e perciò indistinguibili, col risultato di cadere nel più scopeto panteismo; secondo, perché un tale ragionamento presupporrebbe che anche Dio abbia incominciato ad esistere nel tempo, il che lo priverebbe dell’attributo essenziale della eternità. Se Dio non è eterno, al di sopra e al di fuori del tempo, che razza di Dio sarà mai?
Il Libro della Genesi dice 1,1): «In principio Dio creò il cielo e la terra». Il tempo, dunque, è stato creato insieme all’universo: perché dove non ci sono le cose, dove non c’è nulla, non esiste neppure il tempo, che si misura sulla variazione delle cose. Inoltre, se il mondo fosse stato creato disgiuntamente dal tempo, allora ad esso spetterebbe l’attributo di eterno (quanto all’inizio), ciò toglierebbe a Dio l’unicità di tale attributo, mentre è evidente che a Lui solo si addice pienamente. San’Agostino è stato il più convinto e tenace assertore del fatto che il mondo non è stato fatto nel tempo, ma insieme al tempo: la creazione del mondo e quella del tempo sono avvenute assieme, tanto che le possiamo considerare una sola ed unica cosa.
E tuttavia, una volta assodato che Dio ha creato il mondo in un atto eterno con un inizio nel tempo, è possibile asserire, senza alcuna ombra di dubbio, come insegna la fede cattolica, è possibile asserire, con certezza metafisica, che una creazione eterna, astrattamente parlando, è impossibile? Sia Platone che Aristotele insegnavano l’eternità del mondo, ma in maniera diversa. Il Dio di Platone ha via via organizzato una materia informe, dandole un ordine; il Dio di Aristotele, privo di qualsiasi creatività perché, nella sua perfezione chiusa e assoluta, privo di qualsiasi libertà, ha trasmesso alle cose esistenza e movimento, una volta per tutte: Egli ha sempre agito come motore, come motore immobile, che tutto attrae ma non si muove (e infatti non è causa efficiente). L’esatto contrario del Dio cristiano che è atto puro, actus essendi perché è anche causa efficiente e perciò causa materiale non chiuso e immobile, ma infinitamente aperto e dinamico nella sua capacità attrattiva, cosa che non modifica la sua condizione di punto fermo e centrale dell’universo, di colui che move il sole e l’altre stelle.
Come è noto, questo interrogativo mise a dura prova la genialità di san Tommaso d’Aquino e lo costrinse a dichiarare, caso unico nel corpus della sua sterminata ricerca filosofia, di non vedere prove sufficienti per escludere in via assoluta, e fatta sempre salva la verità rivelata, che insegna diversamente, che Dio possa aver creato il mondo non già all’inizio del tempo e insieme ad esso, ma prima. La questione è stata chiaramente ricapitolata dal nostro Bernhard Barthmann nel suo già citato altre volte Manuale di Teologia Dogmatica in tre volumi (titolo originale: Lehrbuch der Dogmatik, Verlag Herder, Freiburg in Br., 1932; traduzione dal tedesco a cura di Natale Bussi, Alba, 1949, 3a edizione riveduta, 1952, vol. 1, 336-338):
San Tommaso conosce tre opinioni: 1) la creazione è necessariamente eterna e non può avere un inizio temporale (Aristotele); l’inizio temporale è una verità di ragione ed insieme di fede (S. Alberto Magno, S. Bonaventura, ecc.); 3) l’inizio temporale del mondo è verità di fede, ma non può essere dimostrata con la ragione. L’Aquinate considera la prima come falsa ed eretica. Quanto alla seconda egli non l respinge del tutto, ma le attribuisce soltanto una probabilità, non una certezza metafisica. (…)
Ma per comprendere bene S. Tommaso e tutta la difficoltà delle questione, è bene notare quale sorta di prova egli respinga. È la “demonstratio propter quid”, quella cioè che partendo dalla causa fa vedere che l’effetto ne deriva in modo così necessario, che non potrebbe essere altrimenti senza contraddizione, cosicché Dio stesso (potenza absoluta) non può pensare e fare diversamente. Oltre a questa dimostrazione Tommaso ne conosce un’altra, la “demonstratio quia”, quella che risale dall’effetto alla causa. Nel nostro caso ella parte dalle creature concrete e mostra che queste, quali ora esistono, hanno avuto inizio. Ma, secondo il suo parere, tale dimostrazione non può provare che la dimostrazione avrebbe potuto essere diversamente essa prova semplicemente che il mondo DI FATTO è stato creato dalla sapienza e bontà di Dio (potentia ordinata). Non si può dalla costituzione fisica del mondo ATTUALE concludere all’impossibilità metafisica di un MONDO ETERNO: Perché per far questo non si ha il diritto di appoggiarsi su questo o quel mondo creato, ma occorre ragionare puramente e solamente sulla creatura “formaliter” et reduplicative”, IN QUANTO CREATURA. Perciò due sole nozioni giocano in questa prova: il “creato” e l’”eternità”. La nozione di creato indica che la creatura ha ricevuto il suo essere e la sua esistenza, è stata tratta dal nulla dall’essere, la nozione di eternità indica che questo è avvenuto Da tutta l’eternità.
San Tommaso dice che per provare che il mondo ha avuto inizio ci sono due sole vie: o si parte dal mondo, o si parte da Dio. Ma nessuna di queste due vie conduce con necessità metafisica e con evidenza all’inizio del mondo. «e la ragione è questa: l’inizio del mondo nel tempo non può venir provata dal mondo stesso. infatti il principio d’una prova scientifica è l’elemento della cosa in questione (…). Ma ogni cosa, considerata nella sua essenza specifica è fuori dello spazio e del tempo, onde si dice che le essenze attratte (universalia) sono dappertutto e sempre, sono ETERNE. Così non si può provare a stretto rigore che l’uomo e il cielo e la terra non siano sempre esistiti (tutte le creature secondo la loro essenza, che sola può aver valore in una prova di questo genere, non dicono alcun rapporto col tempo e con lo spazio.
Nello stesso modo non è possibile costruire la prova partendo dalla causa efficiente (Dio) che agisce in forza della sua volontà. La volontà di Dio non può essere conosciuta dalla ragione se non nell’ambito di quello che Dio deve volere necessariamente (cioè il suo proprio Essere). Ora non entra certo in tal ambito ciò che Dio vuole in rapporto alle creature (perché egli le vuole liberamente). Con S. Tommaso stanno molti teologi della sua scuola, come anche molti teologi della Scuola di Scoto e di Suarez. Gli stessi avversari sono costretti a riconoscere che un mondo eterno è esistito come idea divina: Così dunque l’idea di un mondo eterno non è affatto una contraddizione. Poiché Aristotele, il maestro di S. Tommaso, aveva ammesso l’eternità del mondo senza tuttavia negare la sua origine divina, il Dottore Angelico tratta questa questione in tutti i suoi aspetti e con profondità.
Siamo giunti così a queste (provvisorie) conclusioni.
Primo, la Creazione è una verità di fede, ma non di ragione.
Secondo, Dio essendo amore e perfezione, ha creato il mondo con infinito amore e somma perfezione.
Terzo: in base alla sola ragione non possiamo asserire razionalmente che Dio ha creato il mondo nel tempo: lo crediamo, anche in questo caso, per l’autorità e l’assenso generale dei Padri e dei più grandi teologi: ma senza scordare che il più grande di tutti, su questo punto, ha preferito sospendere il giudizio e rimettersi all’autorità della Chiesa.
Del resto, Dio è eterno e certamente anche i suoi pensieri sono eterni e conoscono perfettamente sia il passato che il futuro.
Dunque, se aveva deciso liberamente di creare il mondo, come è possibile che questa idea non fosse
nella sua mente da sempre, eterna come Lui stesso?
E così noi, presenti nel suo pensiero, milioni di anni prima che materialmente venissimo al mondo?
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