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Eutanasia di Stato sconfitta, Tinslee ora è a casa

universitari per la vita vita e bioetica Apr 24, 2022

di Ermes Dovico

I medici del Cook Children’s, in Texas, l’avevano data per spacciata a fine 2019 e fissato dieci giorni di tempo per rimuovere il supporto vitale. Ma Tinslee Lewis, 3 anni, è migliorata e ora a casa, grazie alla famiglia che ha intrapreso una battaglia legale e infine trovato la collaborazione dell’ospedale. Segno che è la cultura della morte il problema.

Trenta mesi. Sono passati trenta mesi da quando, il 31 ottobre 2019, il Cook Children’s Medical Center di Fort Worth, in Texas, notificava alla famiglia di Tinslee Lewis la decisione di staccare di lì a dieci giorni, in accordo alla normativa statale, la ventilazione necessaria alla bambina nata prematura e affetta da una rara patologia cardiaca, l’anomalia di Ebstein. Se non fosse stato per la conseguente, lunga, battaglia legale, sostenuta da una buona dose di preghiere, Tinslee avrebbe lasciato già da tempo questa terra. A dicembre 2019, in tribunale, il Cook Children’s le aveva dato “meno di cinque mesi di vita”, salvo in seguito precisare che con cure adeguate avrebbe potuto continuare a vivere.

La piccola, che oggi ha tre anni (compiuti l’1 febbraio), non solo ha smentito tutte le previsioni pessimistiche su di lei, ma dal 7 aprile è addirittura stata dimessa dall’ospedale - dove si trovava dalla nascita - e portata a casa. Qui riceve assistenza infermieristica 24 ore su 24 e beneficia di un ventilatore portatile. Di grande importanza, per il miglioramento della sua salute, si è rivelata la tracheotomia che i medici si sono infine decisi a praticarle, dopo essere stati a lungo esortati in tal senso dalla famiglia, che aveva consultato anche dottori esterni al Cook Children’s.

La collaborazione raggiunta tra l’ospedale e la famiglia è quindi stata fondamentale per l’arrivo di Tinslee a casa. Trinity Lewis, la madre, con un post pubblicato su Facebook il 7 aprile, nel dirsi “piena di gioia” per la figlia finalmente a casa, ha infatti prima ricordato il cammino “duro” e “stressante” che ha reso possibile questo traguardo; e poi incluso nei ringraziamenti lo stesso Cook Children’s “per avermi supportato e fatto tutto il possibile per aiutare a tenere la bambina qui [a casa, ndr], apprezzo veramente tutto ciò che avete fatto!”. Un deciso cambio di rotta, dunque. Si pensi che per il 25 gennaio di quest’anno era in programma l’ennesima udienza, poi rimandata; e l’1 marzo le parti affermavano di stare lavorando insieme, al di fuori dei tribunali, “per risolvere la situazione”.

Anche Texas Right to Life, organizzazione pro vita che ha assistito la famiglia nel caso, ha parlato dei progressi di Tinslee, che adesso è perfino capace di mandare baci ai suoi cari. Il gruppo pro life conferma inoltre che “il Cook Children’s ha lavorato con la famiglia per migliorare la salute di Tinslee fino al punto che non ha più bisogno di cure ospedaliere”, bastando ora l’assistenza in ambiente domestico. Si tratta, dunque, di una “storia di successo che mostra che in assenza di un conto alla rovescia anti-Vita, le famiglie e gli ospedali possono lavorare insieme a beneficio del paziente”.

Texas Right to Life si riferisce alla cosiddetta “Regola dei 10 giorni” (10-day Rule), introdotta in Texas, sotto George Bush junior, nel 1999: la norma consente agli ospedali di staccare unilateralmente i supporti vitali e dà ai familiari - dal momento della ricezione del preavviso formale - appena dieci giorni per presentare ricorso in tribunale o trovare un’altra struttura disponibile. La controversa regola ha creato da allora una spaccatura all’interno del movimento pro vita texano e anche a livello ecclesiale (nello specifico del caso Tinslee, ricordiamo che la Conferenza episcopale del Texas si era schierata a favore del distacco della ventilazione, mentre contrari erano i combattivi vescovi Joseph Strickland e René Henry Gracida), ma si spera che i Repubblicani la abroghino, dopo che nel luglio 2020 la Convention statale aveva espresso in modo deciso questo proposito.

Tutto è bene quel che finisce bene, dunque? Solo fino a un certo punto. Sia perché la suddetta “Regola dei 10 giorni” è tuttora in vigore e continua a minacciare, con il suo conto alla rovescia, le vite più fragili; sia perché la cultura efficientista che l’ha concepita non verrà spazzata via, magicamente, da una sua eventuale abrogazione, che pure sarebbe un bel passo avanti. Tinslee è ancora tra noi per la tenacia della sua famiglia, la stessa tenacia che qui in Europa ha salvato Tafida, e perché qualche giudice ha fermato o ritardato la procedura di morte. Solo il radicamento di un’autentica cultura della vita, che ha per sorgente e riferimento ultimo il Creatore, può impedire che si continui a giocare con le vite di bambini e altre persone innocenti.

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