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Giudicare con amore: la lettera del dissidente che parla di oggi

don joseph zvěƙina gianfranco amato la nuova bussola quotidiana libertà religiosa mons. luigi giussani Sep 05, 2023

di Gianfranco Amato

«Non possiamo imitare il mondo proprio perché dobbiamo giudicarlo, non con orgoglio e superiorità, ma con amore». È opportuno fare conoscere la lettera di don Zvěƙina ai cristiani d'Occidente che Giussani ci fece conoscere nel '77. E riproporla ai tanti cristiani che non riescono a comprendere le ragioni dei fratelli che, nutrendo legittime perplessità sull’obbligo vaccinale imposto dal Potere, non intendono conformarsi alla mentalità del mondo. Eccola. 

A mons. Luigi Giussani sono debitore di tante cose. Davvero tante. Tra queste vi è anche un prezioso documento intitolato Lettera ai cristiani d’occidente di don Joseph Zvěƙina, sacerdote moravo, condannato a ventidue anni di lavori forzati in un campo prigionia comunista, noto come il teologo di “Charta 77”.

Quella lettera, scritta nel 1970, giunse in maniera rocambolesca in Italia proprio a mons. Giussani, che la fece pubblicare e diffondere. Nel 1977 io avevo sedici anni quando la lessi per la prima volta, e da allora quella lettera ha sempre mostrato un’impressionante attualità. Anno dopo anno. E drammaticamente attuale lo è anche oggi nel dibattito tra cristiani sulla questione dei vaccini.

Ritengo sia opportuno fare conoscere la lettera di don Zvěƙina a coloro che non l’hanno mai letta e riproporla a coloro che forse, dopo tanti anni, l’hanno dimenticata. Voglio, in particolare, dedicarla ai tanti cristiani che non riescono a comprendere le ragioni dei fratelli che, nutrendo legittime perplessità sull’obbligo vaccinale imposto dal Potere, non intendono conformarsi alla mentalità del mondo, alla logica del saeculum, all’opinione prevalente della maggioranza, all’omologazione del pensiero unico trasmesso dai telegiornali, all’isteria ipocondriaca dei virologi da talk show, al terrorismo mediatico dei giornali di regime, alla logica dettata dal mainstream, all’anestesia collettiva della ragione critica.

Ecco il testo della lettera:

«Fratelli, voi avete la presunzione di portare utilità al Regno di Dio assumendo quanto più possibile il saeculum, la sua vita, le sue parole, i suoi slogan, il suo modo di pensare. Ma riflettete, vi prego, cosa significa accettare questa parola. Forse significa che vi siete lentamente perduti in essa? Purtroppo, sembra che facciate proprio così.

È ormai difficile che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo. Probabilmente vi riconosciamo ancora perché in questo processo andate per le lunghe, per il fatto che vi assimilate al mondo, adagio o in fretta, ma sempre in ritardo. Vi ringraziamo di molto, anzi quasi di tutto, ma in qualcosa dobbiamo differenziarci da voi. Abbiamo molti motivi per ammirarvi, per questo possiamo e dobbiamo indirizzarvi questo ammonimento: “Non vogliate conformarvi a questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, affinché possiate distinguere qual è la volontà di Dio, ciò che è bene, ciò che gli è gradito, ciò che è perfetto” (Rm 12,2).

Non conformatevi! Mè syschematízesthe! Come è ben mostrata in questa parola la radice verbale e perenne: schema. Per dirla in breve, è vacuo ogni schema, ogni modello esteriore.

Dobbiamo volere di più, l’apostolo ci impone: “Cambiare il proprio modo di pensare in una forma nuova!” – metamorfoûsthe tê anakainósi toû noùs. Come è espressiva e plastica la lingua greca di Paolo! Di contro a schêma o morphé – forma permanente – sta metamorphé – cambiamento della creatura. Non si cambia secondo un qualsiasi modello che è comunque sempre fuori moda, ma è una piena novità con tutta la sua ricchezza (anakainósis). Non cambia il vocabolario ma il significato (noûs).

Quindi non contestazione, desacralizzazione, secolarizzazione, perché questo è sempre poco di fronte alla anakaínosis cristiana. Riflettete su queste parole e vi abbandonerà la vostra ingenua ammirazione per la rivoluzione, il maoismo, la violenza (di cui comunque non siete capaci).

Il vostro entusiasmo critico e profetico ha già dato buoni frutti e noi, in questo, non vi possiamo indiscriminatamente condannare. Solo ci accorgiamo, e ve lo diciamo sinceramente, che teniamo in maggior stima il calmo e discriminante interrogativo di Paolo: “Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede, fate la prova di voi medesimi. O non conoscete forse neppure che è in voi Gesù Cristo?” (2 Cor 13,5).

Non possiamo imitare il mondo proprio perché dobbiamo giudicarlo, non con orgoglio e superiorità, ma con amore, così come il Padre ha amato il mondo (Gv3,16) e per questo su di esso ha pronunciato il suo giudizio.

Non phroneîn – pensare –, e in conclusione hyperphroneîn – arzigogolare –, ma sophroneîn – pensare con saggezza (Cfr. Rm 12,3). Essere saggi così che possiamo discernere quali sono i segni della volontà e del tempo di Dio. Non ciò che è parola d'ordine del momento, ma ciò che è buono, onesto, perfetto.

Scriviamo come gente non saggia a voi saggi, come deboli a voi forti, come miseri a voi ancor più miseri! E questo è stolto perché certamente fra di voi vi sono uomini e donne eccellenti. Ma proprio perché vi è qualcuno occorre scrivere stoltamente, come ha insegnato l’apostolo Paolo quando ha ripreso le parole di Cristo, che il Padre ha nascosto la saggezza a coloro che molto sanno di questo (Lc 10,21)».

Sono passati più di cinquant’anni, ma non c’è una sola parola di quella lettera che non appaia vera anche oggi. Ricordo come Giussani si lamentasse spesso del fatto che essa non venisse sufficientemente «letta e riletta» da noi giovani studenti.

Riflettano attentamente, leggano e rileggano quel testo di Zvěƙina i cristiani – clerici inclusi – che oggi rischiano di conformarsi in maniera acritica alla logica del mondo e ai desiderata del Potere, magari col pretesto della tutela della salute pubblica ritenuta oramai prioritaria rispetto alla salvezza dell’anima.

 

 

 

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