Gli ussari alati e noi
Jul 08, 2022di Sabino Paciolla
Un’amica mi ha regalato un libro intitolato “Ora pro nobis – Storia di ussari alati”, dicendomi: “E’ molto bello e si legge tutto d’un fiato”. Aprendo il pacchetto ho visto che l’autrice era Silvana De Mari. Si trattava di un romanzo storico.
Silvana De Mari l’ho conosciuta casualmente a Roma alla Marcia per la vita del 2019. L’ho intravista e l’ho chiamata perché volevo conoscerla. Dopo essermi presentato, riconoscendomi mi ha abbracciato come fossimo amici da tanto tempo. Ciò mi ha molto colpito. Segno di una personalità caratterizzata da grande umiltà. Non solo, mi ha preso per mano per condurmi a farmi conoscere un suo amico che conoscevo ma che non avevo mai avuto il piacere di incontrare di persona.
Il consiglio di quell’amica che mi aveva regalato il volume, il romanzo storico (una forma a me più congeniale), l’autrice del romanzo mi hanno spinto a leggere il libro di cui ora scrivo. Confesso che di Silvana De Mari non avevo letto prima alcun libro (il romanzo di fantasia non è proprio il mio forte) anche se qualcuno lo avevamo regalato a mio figlio, che lo aveva letto con piacere.
Della battaglia di Vienna che ebbe luogo l’11 e il 12 settembre 1683 e che pose fine a due mesi di assedio dell’esercito turco alla città avevo sentito parlare in passato. Qualche hanno fa una mia cara amica, durante una cena dopo un incontro, ci raccontò con enfasi come aveva spiegato ai suoi alunni, in gita a Vienna, la battaglia di quella città e la discesa fragorosa dei polacchi dalla montagna Kahlenberg verso gli ottomani, ma nulla di più.
Quella di Vienna fu una battaglia epica, uno scontro disputato tra l’esercito dell’Impero ottomano, composto da circa 300.000 uomini, e le forze cristiane, di gran lunga inferiori. La quota più importante e numerosa dei cristiani era costituita da 30.000 polacchi con circa 5.000 ussari alati, l’élite dell’esercito. Gli ussari alati erano cavalieri che portavano sulla schiena dell’armatura ali fatte di penne. La loro carica a cavallo li faceva apparire angeli piuttosto che uomini. Nonostante questa grande disparità, nella battaglia ebbe la meglio l’esercito polacco-austro-tedesco al comando di Giovanni III Sobieski, re di Polonia, e questa vittoria segnò il destino dell’Europa. Se siamo ancora cristiani, se l’Europa ha ancora qualcosa di cristiano, lo dobbiamo al coraggio e al sangue versato da quei valorosi combattenti.
Questo romanzo storico sugli ussari alati è molto bello e, veramente, si legge tutto d’un fiato. A tratti è commovente e fa venire il nodo in gola. E’ scritto in maniera chiara, semplice e piacevole.
Lo spirito di Jacob, il protagonista, che racconta la sua storia e le gesta della battaglia di Vienna, ha uno sguardo senza tempo, quasi a dirci che certi atti, certe azioni, hanno un valore eterno. Jacob, a proposito del dono della morte, dice: “Il più grande è che la morte è la porta che si apre nell’infinito e l’infinito è il nostro destino. Non temetela. Non sacrificate mai l’esser liberi al poter sopravvivere. E’ uno scambio assurdo, come prendere i soldi a usura: chi permette che la sua libertà sia annientata per avere salva la vita, perderà entrambe”. E’ questa l’originalità del romanzo, una persona che è vissuta ed è morta per un ideale ci è vicina e lontana allo stesso tempo. Ci è fratello per l’eternità.
Il romanzo ci racconta con molto pathos episodi anche commoventi come quello in cui la mamma di Jacob, che ha appena partorito, stuprata e agonizzante perché colpita a morte dai suoi servi, riesce a trovare le ultime forze e, strisciando sul pavimento, chiede dell’acqua a Jacob per battezzare il suo fratellino che ha appena qualche ora di vita ma che è sul punto di morire, con la faccina sporca di sangue. Nel mezzo di tanta violenza, anzi, di tanta ferocia, si manifestano gesti che ricercano il bene dell’eternità.
È un libro sul coraggio, l’ardore e la brama del vero di un giovane cavaliere che non teme per la sua vita se in gioco c’è la difesa dell’umano, la difesa della libertà, della giustizia, del bene della vita che ingiustamente vengono messi in estremo pericolo ad opera di violenti oppressori. È un libro per i nostri giorni, per la libertà contro la dittatura che si nasconde sotto mentite spoglie, anche quelle sanitarie, contro il regime dei potenti.
“Il mondo è un luogo oscuro e non basta essere onesti, occorre poterlo dimostrare”, si legge nel libro.
In questi momenti difficili, e per alcuni anche molto dolorosi, visto che per la verità sono stati disposti ad essere sospesi dal loro lavoro, rimanedo senza stipendio, occorre un libro come questo. Un romanzo che allarga l’orizzonte donando respiro alle nostre azioni, dà la vera dimensione di quello che stiamo facendo e vivendo, riduce il rischio di rinchiudere quei gesti e quelle azioni negli angusti confini dello specifico momento storico. Questo volume ci illustra l’eterna battaglia dell’uomo che si allontana da Dio e vuole farsi stupidamente dio, per dominare gli altri. E invece Silvana De Mari, attraverso i suoi personaggi di questo romanzo storico, ci ricorda che occorre sempre riconoscere la signoria di Dio, che occorre sempre ricordarsi di pregare la Vergine Maria, la Sancta Dei Genetrix, come è scritto nel libro, colei che ci aiuta in questa coscienza e che sostiene e rafforza la volontà di tener desta l’attenzione su ciò che conta veramente nella vita. Jacob a capo del suo battaglione, prima di dare l’ordine di attacco, in ogni sua azione recitava gridando: “Maria santissima Regina Poloniae ora pro nobis”. E il suo battaglione, con una sola voce, rispondeva: “Ora pro nobis”. Si affidavano a Maria. E’ quello che dovremmo fare anche noi, sempre, soprattutto in questi momenti duri. Dovremmo anche noi ripetere “Ora pro nobis”, le parole che Jacob ripeteva a non finire, che aveva fatto incidere sulla sua spada, e che Silvana De Mari ha messo come titolo al suo romanzo sulla gloriosa storia degli ussari alati.
Durante la carica verso gli ottomani sotto le mura di Vienna Jacob racconta:
“Nella carica impazzivamo. Non so con quali altre sillabe descriverlo. Le parole che pronunciavamo, affidarci a Maria Santissima e a Cristo, non erano pronunciate a caso, combattevamo per loro, non avevamo più paura di niente, sentivamo il respiro del mondo dentro il nostro, sentivamo il respiro degli altri fratelli che cavalcavo insieme a noi verso la morte certa che non ci faceva paura, come fossimo stati angeli. Era un impasto di fede, temerarietà, fraternità, eccitazione gioia, sì, gioia, che non può essere descritto e non poté essere provato se non lì, sul monte Kahlenberg, quel 12 settembre 1683, con una lancia di 5 metri in pugno.”
E in seguito l’altro personaggio, di cui non faccio il nome, dice:
“E’ molto più divertente morire per qualche cosa che morire per nulla e in effetti è anche molto più divertente morire per qualche cosa che vivere per nulla.”
Bellissimo il seguente passo:
“Rinunciate a qualcosa, risparmiate qualche moneta e usatela per far celebrare una Messa per tutti noi che siamo morti sulla piana di Vienna tre secoli fa… La seconda cosa che dovete fare, per essere liberi è pensare e la terza è combattere. Se quelle Messe non le farete celebrare, se mai sarete grati per la vostra libertà, se la considererete una banalità, se la sperpererete a pretendere licenze illecite, la perderete. Nasceranno dittatori terribili, duri come il cemento, che si inventeranno il diritto di conquistare il mondo. Nasceranno dittatori molli come le sabbie mobili, che leveranno le libertà più elementari con la scusa di una qualche malattia. I popoli che non sanno combattere e che non conoscono la gratitudine, si candidano a diventare popoli di schiavi o popoli di morti.”
Dopo la lettura di questo autentico tesoro, non posso che essere molto grato a quell’amica che mi ha fatto dono di questo libro, e non posso che essere grato a Silvana De Mari per averci donato questo romanzo storico frutto della sua fantasia. Un romanzo che riflette la poliedrica figura dell’autrice, donna dolce e impetuosa, forse anche scontrosa, medico e scrittrice di romanzi, coraggiosa combattente per la fede, la libertà e la giustizia. Un esempio e una testimonianza per tutti noi.
Sono sicuro che la calda estate di chi leggerà questo romanzo avrà un altro gusto ed un altro tono. Questo libro ci aiuterà ad affrontare l’altrettanto caldo autunno che ci aspetta.
Dunque, non posso che consigliare a tutti la lettura di questo libro.
Un grazie finale anche alla coraggiosa amica Federica Picchi che ha pubblicato questo romanzo che è alla sua seconda edizione.
Due donne coraggiose e una garanzia sicura.
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