Hai incontrato un positivo al covid? E io ti metto al 41 bis
Jul 24, 2022Storia vera, in corso di svolgimento. Salta fuori un caso di positività in classe. Per un alunno positivo, parte la giostra per tutti. La trovata del “contatto scolastico”, dovuta al genio scatenato di un paio di governatori, non perdona; nel senso che, a prescindere dalla prossimità e dal tempo di esposizione al soggetto positivo, tutti i compagni di classe devono intraprendere la trafila sanitaria, sotto l’occhio scrutatore degli sceriffi pandemici.
Quindi, sospesa immediatamente la frequenza scolastica, via al primo tampone e, se negativo, si sta, in attesa del secondo, in regime di quarantena sorvegliata. Cosa significa? Significa che uno che sta benissimo – perché nel caso in cui abbia sintomi parte una procedura altra, e più stringente – deve autosegregarsi in casa, anzi, in una stanzetta di casa a distanza di sicurezza dai familiari conviventi, un 41 bis insomma, per un tempo che oscilla tra i sette e i dieci giorni, che diventano quattordici se non si intende fare tamponi.
Si parla sempre e solo di soggetti che si mantengono asintomatici e, se ci si domanda il motivo della diversità dei termini stabiliti per il rientro a scuola, la risposta è sempre la stessa: dipende dallo status vaccinale dello studente. Uno macchiato della colpa di non aver aderito alla campagna di sperimentazione di massa se ne sta a casa tre giorni in più, così, a caso. Potevano essere quattro, potevano essere due, è uscito il tre, l’importante è raggiungere lo scopo di additare i reprobi, tirare e ritirare una netta linea di demarcazione tra loro e i bravi cittadini responsabili, senza perdere nessuna occasione utile, semmai inventarla.
Una volta, cioè l’anno scorso, ci dicevano che la quarantena è una cosa e l’isolamento un’altra e che le due situazioni, in quanto diverse, sono diversamente disciplinate. La quarantena infatti riguardava le persone sane che sono state esposte a un caso positivo – e, anche qui, l’esposizione implicava la presenza di determinate condizioni di tempo e distanza fisica, ora evaporate con la magia del contatto “scolastico” che si è mangiato quello “stretto” – e aveva l’obiettivo di monitorare i sintomi. L’isolamento riguardava le persone affette da Covid e aveva l’obiettivo di separarle da quelle sane durante il periodo di trasmissibilità, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione. Così disponeva il cosiddetto ministero della cosiddetta salute, non solo il vocabolario.
Adesso però, che la gente è allenata a obbedire agli ordini più demenziali che si può, anche in assenza del presupposto della paura che in origine ne ha consentito l’introduzione, cioè adesso che si obbedisce e basta, i gerarchi pandemici, notoriamente legibus soluti, possono osare all’infinito, fino a trascurare bellamente oggi le regole che si sono essi stessi posti ieri.
Ed ecco allora che costoro si sentono nel diritto di prescrivere al malcapitato contatto scolastico (che sta benissimo), e alla sua malcapitata famiglia, che «nel periodo di quarantena» deve, in primo luogo, «mantenere lo stato di isolamento». A chi fosse sfuggito il superamento del principio di non contraddizione e quello dell’impenetrabilità dei corpi, ripetiamo il succo della pretesa: uno in quarantena deve stare in isolamento. Anche se, per definizione, sono due cose diverse. Come il contatto scolastico si è mangiato il contatto stretto, così l’isolamento si è inghiottito la quarantena.
A seguire, il despota sanitario declina gentilmente le modalità della quarantena diventata isolamento (e viceversa) ed elenca tutti i doveri del detenuto (sano), quali: «rimanere al proprio domicilio, senza uscire di casa (occhio ai terrazzi: n.d.r.) ed evitando contatti sia con i conviventi che con altre persone; evitare spostamenti all’interno dell’abitazione durante la presenza degli altri conviventi (vietati gli incontri casuali in cucina, nel caso chiamare le forze dell’ordine per immediato arresto in flagranza di uno dei due, si tira a sorte chi: n.d.r.); utilizzare una stanza e un bagno non condivisi con altre persone, con un adeguato ricambio d’aria aprendo le finestre (i bagni non finestrati sono aboliti con circolare: n.d.r.); assicurare di essere raggiungibile telefonicamente per la sorveglianza quotidiana effettuata dall’operatore di sanità pubblica; misurare la temperatura almeno due volte al giorno e qualora si avesse la sensazione di avere la febbre; avvertire immediatamente il proprio medico curante e l’operatore di sanità pubblica in caso di comparsa di sintomi»; eventualità, quest’ultima, che prevede l’osservanza di una serie mirabolante di ulteriori prescrizioni, tra cui «rimanere nella propria stanza con la porta chiusa indossando la mascherina chirurgica fornita», con la precisazione che «se la mascherina si bagna o si sporca di secrezioni, deve essere cambiata immediatamente e dopo l’uso deve essere eliminata e deve essere eseguita l’igiene delle mani».
Ai suddetti precetti segue, ancora, un elenco di istruzioni per la pulizia dei locali, delle superfici, della persona, e per lo smaltimento dei rifiuti con raccolta differenziatissima. In mezzo alle istruzioni sul tipo di disinfettante domestico da usare, sulle temperature di lavaggio in lavatrice, sul trattamento di indumenti e stoviglie del detenuto (che sta benissimo), si possono trovare anche perle sfolgoranti tipo: «dopo l’uso del WC, chiudere sempre la tavoletta prima di azionare lo scarico, per evitare aerosol».
A quanti credano che si voglia fare dell’umorismo, sia chiaro che siamo in possesso delle prove documentali della veridicità di tutto quanto qui virgolettato e descritto, a parte le due o tre note del redattore messe tra parentesi (n.d.r.). E a chi venga da ridere, beh, sappia che non c’è proprio niente da ridere.
Non è finita. Nell’illustrarlo con tanta dovizia di particolari, l’autorità sanitaria tiene a precisare che si tratta di regime di «quarantena con sorveglianza attiva», ovvero di «permanenza domiciliare con isolamento», ai sensi del quale il nominativo, l’indirizzo e il recapito telefonico del detenuto (quello che sta benissimo) vengono inviati anche al Comune e alla Prefettura (per i piantoni all’uscio di casa, le sedicenti autorità si stanno attrezzando: n.d.r.).
Fa piacere notare come la sorveglianza della quarantena (di soggetti sani, con l’unica colpa di essere compagni di classe di un positivo) sia attiva, attivissima, con grande spiegamento di forza pubblica. Invece la farmacovigilanza postvaccinale, accidenti, non riesce proprio ad attivarsi, e resta ostinatamente passiva. I casi della vita.
Ora, si può ben immaginare come, se una simile selezione di precetti finisce nelle mani sbagliate, tipo quelle di un ipocondriaco, o di una persona altrimenti provata dai due anni filati di terrorismo mediatico, possano anche accadere disastri. I disastri che, del resto, i neuropsichiatri del mondo intero non mancano di segnalare con allarmi ripetuti, di cui però le istituzioni, invece che correre ai ripari, godono, godono così tanto da inasprire sempre più le misure di alienazione sociale. In un vortice di demenza e di tracotanza, di sadismo e di voracità, ormai inarrestabile.
E dal manicomio scolastico anche per oggi è tutto.
Ah, un’ultima cosa, a margine: l’alunno positivo della storia vera – quello che ha incolpevolmente messo in moto tutta la giostra, infliggendo il 41 bis a una ventina di coetanei – era, ovviamente, vaccinatissimo. Ma questa è un’altra storia.
fonte: https://www.ricognizioni.it/hai-incontrato-un-positivo-al-covid-e-io-ti-metto-al-41-bis/
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