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IL DILEMMA DELLA VOLONTA’: DIATRIBA TEOLOGICO FILOSOFICA

emanuele sinese libertà e persona Jun 24, 2024

di Emanuele Sinese*

Il Vangelo di Marco di domenica 9 giugno, X del Tempo Ordinario al capitolo 3, 20 – 25 è denso di riferimenti. L’evangelista mette anzitutto in risalto il fine per cui Gesù è venuto al mondo: distruggere il potere dell’antico tentatore! Voglio però richiamare l’attenzione sulla questione della volontà. Cosa significa compiere la volontà di Dio?  

Etimologia del sostantivo volontà 

“Volontà” deriva dal latino “voluntatis” e sta a indicare la capacità di volere, scegliere, analizzare e realizzare un comportamento per raggiungere fini determinati. La volontà si potrebbe riassumere a livello concettuale come la propensione da parte dell’uomo a realizzare le proprie potenzialità in qualsiasi ambito di vita: professionale, scolastico, familiare, relazionale ed anche religioso. 


  

La volontà secondo la filosofia antica 

La filosofia a lungo ha dibattuto sul concetto di volontà, esso è intrinsecamente legato al concetto di libertà che Aristotele sottopone alla virtù, affinché ogni scelta, azione giovi all’intero contesto sociale. Per Socrate la volontà dell’uomo consta nel sentirsi attratto verso il bene, quindi a scegliere ciò che è buono e giusto per sé, infatti secondo il filosofo la virtù è il giusto mezzo mediante il quale gli impulsi in particolare quelli negativi si dominino, affinché l’anima aneli al bene. Cosa è il bene? Fino agli inizi dell’epoca moderna il bene almeno da punto di vista filosofico consisteva nel riconoscere il bello, il vero che la Teologia Scolastica indicava con Dio, Essere Sommo, Perfetto, Onnipotente e Onnisciente, essenza di verità, bontà e bellezza. Si evince che il concetto di bene non è anzitutto compiere delle buone azioni, ma riconoscere che a livello cristiano la verità è Cristo Gesù, l’incarnazione di Dio. Analizzando il modello filosofico greco, si rammenta che secondo lo Stoicismo la volontà ha un ruolo fondamentale per l’uomo, che si libera essa in una forza che è insita nell’animo e grazia alla razionalità, quindi all’intelletto agisce per il bene. Plotino nella sua dissertazione indica il bene con l’Uno assoluto. L’Uno per Plotino è il tutto al disopra dell’Essere, esso è una sorgente luminosa che diffonde la propria luce nel buio. L’Uno è all’origine di tutto, quindi anche del pensiero. Sorge la domanda, come può il soggetto comprendere l’Uno? Plotino sostiene che lo si comprende mediante l’estasi, ossia quello stato d’animo che a parole non si può esprimere, ma che si comprende solo vivendo. L’estasi di Plotino non va confusa con l’estasi mistica ove un prescelto vede e riceve locuzioni da parte di Dio. 

La volontà secondo la tradizione cristiana  

La Teologia Scolastica avvalendosi delle categorie platoniche riflette sulla questione della volontà. Essa riconosce che la volontà umana è corrotta dal peccato, i progenitori per un atto di superbia si scissero dal Creatore e da quel momento ogni nascituro è immerso in una dimensione vitale di difetto, che solo Cristo ha risolto mediante il sacrificio della croce. Cristo è la grazia, che libera l’uomo dal peccato e lo giustifica dinnanzi al Padre, una giustificazione attiva, in quanto il soggetto oltre a esprimere l’assenso di fede deve essere un collaboratore attivo della grazia santificante, attraverso la preghiera e la partecipazione sacramentale. Se non si attuano queste due dimensioni si sminuisce il valore salvifico di Cristo e si riduce la Rivelazione a una corrente filosofica oppure ad un aggregato di valori che svuotano il significato primario della Rivelazione stessa: la salvezza. Il Battesimo per esempio altro non è che la rinascita in Cristo(tolgo l’uomo vecchio, metto l’uomo nuovo). La volontà umana certamente è dettata dalla caducità, ma poi accompagnata dall’azione santificatrice dello Spirito Santo, Esso illumina e indica al credente la via maestra per l’eternità. 

La volontà secondo Sant’Agostino 

Sant’Agostino ha vissuto una vita abbastanza afflitta, egli era di continuo alla ricerca della verità, che non gli risparmiò di certo il dubbio e l’errore, si pensi alla dissolutezza di costumi che lo ha visto partecipe, all’adesione alla corrente manichea ove il dualismo bene e male non gli fornì alcuna confutazione soddisfacente, ma grazie a un ravvicinamento alla filosofica platonica e neoplatonica e al supporto orante della madre Monica e del Vescovo Ambrogio riuscì a riconciliarsi definitivamente con Dio. Agostino interpretò la dottrina delle idee di Platone e dell’Uno di Plotino in chiave cristiana, egli affermò infatti che la Trinità altro non è che Sapienza, Potenza e Volontà d’amore, Dio è l’unico principio esistente è l’Essere assoluto e il male è assenza di Bene, dettato dall’abuso della volontà umana. Questo abuso riconosce Agostino ha origine storica: il peccato originale. Dato che la lotta si svolge nella storia, ossia nel divenire, Sant’Agostino mette in evidenza che l’amore di Dio è infinito, vivo, reale, esso è l’agàpe che prova per l’umanità in quanto sua creatura ed essendo tale non può abbandonarla ad un destino di thanatos. Per la cultura greco romana il fine dell’uomo a conclusione dell’esistenza terrena è il vagare nell’Ade oppure il disperdersi in quanto composti di materia. Per il cristianesimo il fine dell’uomo è godere al termine della vita terrena del Sommo Bene, quindi di Dio che in Cristo si è fatto carne. Quella carne messa a morte per ignoranza, ma anche per necessità, il Padre per un atto d’amore doveva sacrificare il figlio. Un sacrificio umano e divino, che supera ogni sacrificio compiuto dall’uomo perché solo in Cristo si accede al Padre. 

La volontà secondo la Teologia Scolastica 

San Tommaso d’Aquino massimo esponente della Teologia Scolastica mette in luce che il libero arbitrio è in relazione alla predestinazione, quindi secondo il piano stabilito da Dio per ogni creatura razionale: la vita eterna. La libertà umana utilizzata secondo ragione tende a un fine unico: Dio! Questo concetto teologico è legato però anche a delle controversie , anzitempo a quella pelagiana, ove Pelagio negava la prescienza di Dio, quindi gli uomini attraverso il libero arbitrio possono scegliere anche per il bene senza dover per forza ricevere la grazia divina. Questa teoria oltre ad essere relativista è eretica in quanto pone l’umanità nella condizione di salvarsi da sé, scegliendo i canoni a essa adatti per giungere a Dio. A seguire vi fu una corrente detta predestinazionismo ove l’uomo in riferimento alla totale volontà di Dio è predestinato alla salvezza oppure alla dannazione eterna. E’ presunzione, Dio fin dagli albori ha espresso la volontà di salvare l’umanità, in ultimo con la venuta del Messia per mezzo del quale si ha l’adozione a figli. L’Aquinate rifacendosi alle categorie aristoteliche definisce la volontà un appetito intellettivo, quindi una tendenza, un inclinazione, una propensione al bene. 

San Tommaso d’Aquino riconosce tre tipologie di appetiti: 

  • Naturale: è tipico di tutti gli esseri e consiste nella tensione al mantenimento al proprio essere e alla perfezione di esso(sono i tre bisogni primari dell’uomo). 
  • Sensitivo: è l’appetito di tutti gli animali, tra cui l’uomo. Sono gli appetiti sensuali perché si manifestano attraverso i sensi. 
  • Intellettivo: è esclusivamente dell’uomo. Esso è la tensione verso un bene che la ragione già conosce ed essendone già in possesso deve farne un uso responsabile, in quanto l’essenza dell’umano sta proprio nel comprendere e nel vivere di Dio che è appunto bene assoluto. Si crea certamente una relazione particolare tra volontà e intelletto in quanto il secondo tende ad un bene che è già posto nelle mente umana, il primo invece è aperto al Bene Sommo ma esposto anche alla caducità. San Tommaso quindi mette in risalto che tra libero arbitrio e volontà vi è circolarità e che l’uomo mediante la libertà è chiamato ad accogliere anzitutto la verità, il vero Bene che è Dio ed è infinito e poi anche i beni finiti, cioè quelli materiali che sono d’ausilio allo sviluppo di vita terrena. 

Il libero arbitrio secondo la concezione moderna  

L’epoca moderna vede l’emancipazione dell’uomo rispetto alla fede. Le scoperte tecnico scientifiche, l’avanzare della ragione empirica, la nascita della medicina oltre ad offuscare la metafisica, definiscono l’uomo non più figlio di Dio, ma piuttosto ad un semplice “prodotto” biologico se non addirittura casuale. Tra i numerosi pensatori è doveroso citare in primis Cartesio. Cartesio suddivide l’uomo in due realtà: res cogitans e res extensa. La res cogitans è la realtà pensante tipica dell’uomo razionale, che lo conduce ad agire e di conseguenza ad utilizzare la libertà. La res extensa è la realtà fisica, di conseguenza il corpo con i suoi bisogni ed anche i sensi. Codeste realtà secondo Cartesio sono eterogenee pertanto non in unione, perché differenti. Sorge spontanea l’istanza, come spiegare il libero arbitrio? Cartesio adotta il metodo medico scientifico, mettendo in risalto che queste due realtà comunicano tra loro per mezzo della ghiandola pineale sita nel cervello e tale da consentire all’uomo di agire. A fondamento di queste due realtà vi è pero una sostanza, che Cartesio indica con Dio, il quale ha prima creato la realtà pensante e poi la realtà fisica. A sua volta Dio all’atto della creazione pone nell’uomo l’idea di infinito, di bellezza e perfezione, che al soggetto spetterà di realizzare mediante l’ausilio della ragione ed ecco quindi il fine della volontà. In successiva Cartesio attraverso il Discorso sul Metodo spiega l’esistenza di Dio quale garanzia dell’uomo e delle sue facoltà. Si delineano le tre prove attraverso le quali si indica la presenza di Dio: 

1 Idea di perfezione 

Cartesio sostiene che se fossi perfetto non dubiterei. Per dire che sono imperfetto ho l’idea di perfezione, ma questa idea dove l’ho presa? No da me e nemmeno dall’esterno che è imperfetto, essa proviene da Dio, essere sommo e perfetto. 

2 Constatazione della mia imperfezione 

Cartesio riconosce che all’origine dell’uomo non può esservi l’uomo stesso in quanto imperfetto. Quindi l’uomo è stato creato da Dio. 

3 Idea di Dio come essere perfetto 

Dio essendo un essere perfetto significa che esiste. La sua esistenza infatti indica che non gli manca nulla. Egli in quanto perfetto è all’origine di tutto. 

(Sulla stessa lunghezza di pensiero vi è anche Spinoza il quale sostiene che Dio è il garante della legge universale, quindi Egli offre un giusto equilibrio tra le varie creature). Un ulteriore pensatore è Kant, egli riconosce che la volontà è il mezzo grazie al quale si agisce in relazione agli imperativi ipotetici e categorici, questi ultimi dettati dalla legge morale(tratta l’altro come fine e non come mezzo). Solo negli imperativi categorici la volontà è pura in quanto prescrive le modalità attraverso le quali la libertà deve agire. Per Kant quindi la volontà deve agire per creare situazioni di benessere, quindi deve essere guidata dalla ragione unica facoltà che consente all’uomo di vivere in armonia.

Conclusione 

La volontà è una tematica sempre complessa, essa ha radici nel primato della coscienza quindi nella libertà. La libertà non è il cedere ad ogni volere, ma piuttosto è il compiere scelte e azioni che giovino a se stessi e agli altri. L’epoca moderna non ha però compreso questo aspetto, essa ha pensato di scindersi dal fautore dell’esistenza: Dio per creare una società fondata sulla ragione senza rendersi conto che la ragione ha Dio come fondamento. Tra fede e ragione non vi è alcuna separazione in quanto la ragione voluta da Dio e posta nell’uomo serve anzitutto all’uomo stesso affinché comprenda chi sia il suo creatore e poi agisca in modo virtuoso. L’emancipazione della ragione ha condotto l’umanità in un baratro perché pensata sempre più sotto un profilo tecnico scientifico e non divino, si pensi alla medicina che oggi giorno sembri più voler eliminare l’uomo che curarlo(aborto, eutanasia, suicidio assistito). La volontà è quindi la facoltà di aprirsi all’alterità, l’altro che è primariamente Dio, il fondamento della storia e dell’umanità. L’emancipazione dell’uomo consta appunto nel riconoscersi come figlio nel figlio e da tale comportarsi. Se sopraggiunge la caduta, confidare nella misericordia che sempre risana e rinvigorisce. In conclusione la volontà dell’uomo consiste proprio nell’essere creatura di Dio e a lui convergere. 

*Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V.  È insegnante specialista di Religione.

FONTE : Libertà e Persona

 

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