IL VETUS ORDO MISSAE: SOSTEGNO ALLA FEDE DI OGNI BATTEZZATO
Aug 28, 2024di Emanuele Sinese*
Dal 7 luglio 2007 mediante il Motu Proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI numerosi fedeli si sono avvalsi della celebrazione eucaristica in Rito Romano antico. Non sono mancate le critiche da parte di chi definisce questo fronte di cristiani come retrogrado o addirittura anticonciliare. Lo scopo del Motu Proprio Summorum Pontificum è mettere in risalto la ricchezza, ma anche la semplicità di una forma celebrativa che ha forgiato la vita e la fede di numerosi battezzati. Nulla di nostalgico, oppure, di opposizione agli aggiornamenti conciliari, bensì valorizzazione di una celebrazione che unita al Novus Ordo Missae può giovare al percorso di fede di ognuno e quindi della Chiesa tutta.
Va precisato che la riforma liturgica approvata da san Paolo VI papa e promulgata il 14 febbraio 1969 non ha mai abrogato a livello giuridico la celebrazione eucaristica in Vetus Ordo, infatti, differenti ministri mediante l’approvazione del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti hanno potuto avvalersi della forma antica della celebrazione eucaristica. Suddetto rito, come affermato poc’anzi è di supporto allo sviluppo della fede, si pensi che nel Seminario di San Vincenzo de Paoli a Courtalain nella diocesi di Chartes in Francia il 29 giugno 2024 solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo sono stati ordinati, per le mani del Cardinale Gerhard Ludwig Müller ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sei diaconi e un sacerdote. Sorge spontanea l’istanza: perché numerosi giovani scelgono un cammino in preparazione al sacerdozio presso Seminari ancorati alle forme vetuste e tridentine ? La risposta può essere la seguente: in ogni uomo è posto il sincero desiderio di conoscere Dio. Egli si rende presente nell’umiltà dell’esistenza e non nella stravaganza. La crisi di fede ha origine nella crisi liturgica, quindi nella riduzione a ritualismo del sublime incontro tra l’uomo e Dio, che è appunto la celebrazione eucaristica. Gli aggiornamenti conciliari proposero anche in ambito liturgico la ferma volontà di essere fedeli alla Rivelazione e agli insegnamenti del Magistero della Chiesa, ma a volte
a causa di una mancata formazione teologica, per una mentalità sempre più antropocentrica si è ridotta l’Eucaristia, primo incontro con Cristo, ad un vuoto insieme di riti, ove l’uomo celebra se stesso, il cui fine è lo smarrimento, il futile, che nel tempo conducono alla dispersione. La celebrazione eucaristica secondo il Vetus Ordo può consentire ad ogni fedele di comprendere come bisogna partecipare al banchetto di Cristo. Essa è anche di supporto al Novus Ordo Missae.
In risposta alla domanda: «È meglio avere chiese vuote che Messe nel rito antico?», Il Cardinal Müller ha spiegato a Kath.net: «La dottrina della fede rivelata e la sostanza dei sacramenti è inalienabile, immutabilmente donata alla Chiesa, mentre esiste una legittima diversità di scuole teologiche e di riti liturgici. Ho accolto la richiesta di conferire le ordinazioni, per il sacramento dell’ordine in sé, non per la forma del rito straordinario, perché le due varianti rituali del rito latino sono secondari per la sostanza del sacramento dato da Cristo e che opera nello Spirito Santo. (Questo solo per spiegare due false posizioni opposte). Ciò è spiegato più dettagliatamente nel testo [dell’omelia]» [Redazione di Korazim.org].
Omelia di Cardinale Gerhard Ludwig Müller
Courtalain, 29 giugno 2024
(Traduzione italiana dal tedesco ad opera della Redazione di Korazim.org)
La Chiesa Cattolica celebra oggi con grande gioia la solennità degli Apostoli Pietro e Paolo. Il Signore stesso edifica la sua Chiesa sulla roccia nella persona di San Pietro, che unisce tutti i Cristiani nella confessione di Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente. Questa confessione salvifica del Verbo di Dio incarnato in Cristo è possibile solo se la loro missione divina continua dopo la morte degli apostoli e se la loro autorità continua ad essere esercitata nel nome di Cristo. Nella lettera della Chiesa di Roma ai Cristiani di Corinto, che ha preso il nome da Clemente, il terzo Vescovo sulla cattedra romana di Pietro, troviamo la testimonianza della successione apostolica dei vescovi. Il loro mandato come maestri e pastori è esercitato dai capi della Chiesa, i quali sono stati ordinati da Dio stesso come servi di Cristo nella potenza dello Spirito Santo mediante l’imposizione delle mani e la preghiera degli Apostoli e dei loro successori (At 20,28).
I nuovi ministeri dei vescovi e dei presbiteri, già menzionati nella Chiesa primitiva accanto agli apostoli (At 15,6.22; At 20,17.28; Tito 1,6-9), ai quali i diaconi prestano l’aiuto (At 6, 2-6; Fil 1,1; 1Tm 3,1-13; 5,17-22), costituiscono i tre gradi dell’unico sacramento, come è chiaramente attestato dalla Traditio Apostolica di Ippolito di Roma a cavallo del III secolo Cristiano.
Il santo Vescovo Ignazio di Antiochia, dove operarono Pietro e Paolo (Gal 2,11) e dove i discepoli per la prima volta furono chiamati Cristiani (At 11,26), già all’inizio del II secolo ha testimoniato lo sviluppo irreversibile dell’unico ordinazione nei tre gradi in questo modo: «Seguire tutti il vescovo come Gesù Cristo il Padre, e il presbiterio come gli apostoli; ma rispetta i diaconi come comandamento di Dio… Dove appare il vescovo, lì sarà la comunità, come dove è Cristo Gesù, è la Chiesa Cattolica» (Lettera agli Smirne 8,1-2).
Seguendo l’esempio degli apostoli, i vescovi, come loro successori, adempiono il mandato di Cristo nella Chiesa fino al suo ritorno, costituendo maestri della fede, dispensatori di grazia nei santi sacramenti e pastori secondo il cuore di Gesù (1 Lettera di Clemente 42-44).
I vescovi, sacerdoti e diaconi sono riempiti internamente della grazia di Dio mediante lo Spirito Santo, «affinché siano idonei servitori di Cristo» (Concilio di Firenze, Decreto per gli Armeni. DH 13 26). E questa grazia dell’ordinazione si trasmette in un segno visibile ed efficace. San Paolo esorta il suo allievo, collaboratore e successore nel ministero apostolico: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante la imposizione delle mani» (2 Tm 1,6; cfr 1 Tm 4,14). Per dissipare ogni dubbio circa la materia e la forma del sacramento dell’Ordine, Papa Pio XII. con «suprema autorità apostolica» determina quanto segue: l’unica materia degli ordini sacri del diaconato, del presbiterio e dell’episcopato consiste nell’imposizione delle mani, ma la forma e anche le parole sono determinanti per l’applicazione di questa materia, con le quali vengono significati inequivocabilmente gli effetti sacramentali, cioè la potenza dell’Ordine e la grazia dello Spirito Santo, e che sono ricevuti e usati dalla Chiesa (Costituzione Apostolica Sacramentum Ordinis 4).
Il Papa aggiunge espressamente che ciò vale per tutti i riti della Chiesa universale, questo significa naturalmente anche per il rito latino occidentale nelle sue fasi di sviluppo prima e dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
Ciò mi porta a raccontarvi il mio colloquio con un alto rappresentante del Dicastero per il Culto Divino romano.
Ero ancora commosso dalla fedeltà dei 20.000 giovani con i quali ho potuto celebrare la Santa Messa nella Cattedrale di Chartres il lunedì di Pentecoste [QUI], quando lui obiettò che questo non era affatto motivo di gioia, perché questa Santa Messa veniva celebrata secondo il rito antico. Meglio chiese vuote, che celebrare Messe secondo il rito antico, era suo Credo. Perché molti vedono nell’antico rito della Messa un maggiore pericolo per l’unità della Chiesa rispetto alla reinterpretazione del Credo o addirittura partecipare per niente alla Santa Messa. Interpretano la preferenza per il rito antico come espressione di uno sterile tradizionalismo, più interessato alla teatralità della liturgia che alla comunione viva con Dio, che essa trasmette. Gli risposi che, da anziano professore di dogmatica, per me il contenuto dei sacramenti, la res sacramenti, era più importante che non la forma rituale secondaria, più precisamente le cerimonie interpretative che circondano il segno visibile (nella forma e nella materia). Infatti la dottrina rivelata della fede e la sostanza dei sacramenti sono donate alla Chiesa inalienabili e immutabili, mentre esiste una legittima diversità di scuole teologiche e di riti liturgici. Coloro che amano appellarsi al Vaticano II per accusare gli altri di una mentalità preconciliare, dovrebbero, in modo esemplare, ascoltare innanzitutto gli avvertimenti del Concilio, che nel Decreto sull’ecumenismo dice: «Nella Chiesa tutti, secondo il compito assegnato ad ognuno sia nelle varie forme della vita spirituale e della disciplina, sia nella diversità dei riti liturgici, anzi, anche nella elaborazione teologica della verità rivelata, pur custodendo l’unità nelle cose necessarie, serbino la debita libertà; in ogni cosa poi pratichino la carità. Poiché agendo così manifesteranno ogni giorno meglio la vera cattolicità e insieme l’apostolicità della Chiesa» (Unitatis redintegratio 4).
In quest’ora, in cui cinque giovani saranno ordinati diaconi e un diacono sacerdote, riflettiamo sull’essenziale.
Cari candidati all’ordinazione!
Guardiamo a Gesù stesso, il predicatore del regno di Dio che viene a noi, il sommo sacerdote della Nuova Alleanza, il buon pastore che offre la vita per le sue pecore. Solo il Signore eccelso può rendervi suoi rappresentanti nella potenza del suo Santo Spirito, affinché – a seconda del vostro grado di ordinazione – possiate servire con il suo mandato la salvezza dei credenti nella parola e nel sacramento.
Considerando le limitate possibilità della natura umana e le lacune nella nostra formazione del carattere, ogni uomo che fosse chiamato personalmente e concretamente da Cristo a questo alto servizio, dovrebbe rinunciare o fuggire vigliaccamente.
San Paolo, di cui celebriamo con fede la memoria con San Pietro, ha lottato contro le sue debolezze umane e ha chiesto più e più volte al suo Signore di togliere questa spina dalla sua carne. Ha ricevuto solo la risposta: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza» (2 Cor 12,9). Ed è per questo che vogliamo allinearci al suo esempio apostolico, quando preghiamo quotidianamente con lui: «Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10).
Le persone nella Chiesa, dai laici e religiosi ai sacerdoti e vescovi, possono deluderci mentre sono ancora nel pellegrinaggio delle loro vite. E viceversa, nonostante le nostre migliori intenzioni, possiamo deludere gli altri e diventare un fastidio per loro a causa dei nostri peccati e delle nostre mancanze. L’apparente predominio del male nel mondo, il gesto arrogante di superiorità dell’incredulità moderna, l’indifferenza di molti verso l’amore umile di Gesù, potrebbero privarci dell’entusiasmo giovanile di salire all’altare di Dio e dire il nostro Adsum.
Senza la preghiera per il dono della perseveranza, suu cui Sant’Agostino ha scritto un intero libro contro i semi-pelagiani, la nostra devozione e disponibilità al sacrificio potrebbe benissimo trasformarsi in amarezza e cinismo.
Nel pieno della persecuzione neroniana, di cui lo storico romano Tacito ci racconta in tutti i macabri dettagli, Pietro scrisse da Roma alle Chiese perseguitate in Asia. Come loro confratello nel servizio apostolico, si rivolge in particolare ai loro sacerdoti: «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1 Pt 5,2-4).
E a tutti i credenti che come pecore smarrite sono ritornati a Cristo, «Pastore e guardiano delle vostre anime» (1 Pt 2,25), dice San Pietro, sul quale il Signore edifica continuamente la sua Chiesa, affinché le porte degli inferi non prevarranno contro di essa: «Gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo. Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente. A lui sia la potenza, in eterno. Amen» (1 Pt 5, 7-11).
Traditionis custodes – Indice [QUI]
*Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V. È insegnante specialista di Religione.
FONTE : Libertà e Persona
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