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L’Africa nella mortale tenaglia della secolarizzazione e della jihad islamica

corrispondenza romana mauro faverzani Jul 11, 2023

di Mauro Faverzani

Mentre l’Europa affonda nei propri vizi ed in una silenziosa, sciagurata forma di apostasia, gran parte dell’Africa è ormai nelle mani o della dilagante secolarizzazione oppure della jihad, infiltratasi nel Continente sia con la violenza, in allarmante aumento negli ultimi anni, sia alleandosi con reti criminali organizzate e con bande autoctone con interessi regionali, inserendosi così in conflitti e divisioni già in atto, sia sfruttando povertà, corruzione, anarchia, analfabetismo, disoccupazione ed altre criticità sociali, particolarmente diffuse.

Tra le regioni, ove più tristemente è presente la jihad, figurano quelle del Sahel (che comprende Burkina Faso, Mali, Niger, Nigeria e Camerun e che conta già 7.899 morti pari al 40% del totale delle vittime), il bacino del lago Ciad, la Somalia ed il Mozambico.

I cristiani vengono esclusi dalle cariche governative, non possono costruire chiese, né cappelle, le loro donne vengono costrette ad indossare l’hijab ed a sposare uomini musulmani, mentre i sacerdoti vengono spesso sequestrati.

Lo scorso 16 giugno in Uganda, a Mpondwe, ad esempio, tanto per limitarsi agli ultimi tragici episodi di cronaca, le cosiddette «Forze Democratiche Alleate», gruppo affiliato all’Isis, hanno attaccato la scuola secondaria pubblica di Lhubiriha e provocato 42 morti, tra i quali ben 37 bambini – bruciati vivi, pugnalati o finiti a colpi di machete al grido di «Allahu Akbar»-, tutti cristiani. La vittima più giovane aveva 12 anni e frequentava il primo anno della scuola. Numerosi anche i feriti. Ancora imprecisato il numero delle ragazze rapite.

Lo scorso marzo in Nigeria ben sei contee dello Stato di Middle Belt sono state attaccate dai miliziani islamici fulani. Particolarmente violente le aggressioni sferrate nel villaggio di Tse Jor, dove 40 jihadisti hanno provocato una ventina di morti, tra i quali molti giovani e bambini, oltre a numerosi feriti.

Sempre in Nigeria lo scorso 19 maggio è stato sequestrato Padre Kingsley Maduka, parroco della chiesa cattolica di Cristo Re a Ezinnachi-Ugwaku, Okigwe, nello Stato di Imo, mentre si stava recando per l’adorazione eucaristica nella cappella appena eretta nel villaggio di Ogii. Il sacerdote è stato rilasciato dopo cinque giorni nelle mani dei suoi aguzzini, incalzati dalle forze dell’ordine, tanto da convincerli a sbarazzarsi della propria vittima.

Ma l’islam non è l’unico pericolo mortale da cui guardarsi in Africa: non meno temibile e sanguinaria è la cultura di morte importata dal secolarismo occidentale e dagli organismi internazionali, tale da spingere recentemente i vescovi della Repubblica Centrafricana a lanciare l’allarme, al termine della loro assemblea plenaria tenutasi a Bangassou: nel mirino del laicismo dilagante, anche qui, c’è la famiglia, di cui molti, troppi sognano la disgregazione: «Le molteplici crisi politico-militari del nostro Paese hanno disgregato le famiglie e compromesso l’educazione – si legge in un comunicato diffuso dai Vescovi – instaurando una cultura della violenza e dell’impunità, di controvalori radicati nell’individualismo e nell’egoismo», alimentati dalla povertà generalizzata, dalla disoccupazione diffusa, dall’instabilità politica e sociale.

Oltre alla famiglia, prevedibilmente nel mirino c’è anche la vita. Di pochi giorni fa è la denuncia fatta da Padre Apollinare Cibaka Cikongo, rettore dell’Università di Mbujimayi, nella Repubblica Democratica del Congo: alla piaga degli aborti in Africa la comunità internazionale ha opposto un silenzio definito dal sacerdote «terrificante», come ha dichiarato nel corso di un’intervista all’emittente EWTN Vatican. Tra l’11 aprile e l’11 maggio, ad esempio, ad oltre 200 donne è stato ucciso il bimbo in grembo, senza che questo abbia provocato la benché minima opposizione o critica, neppure da parte della Chiesa ufficiale. Secondo Padre Cikongo, è urgente promuovere la dignità della vita umana tramite l’Humanæ Vitæ, a suo parere da tradurre al più presto nelle varie lingue locali e da distribuire alla popolazione: «Con le nuove generazioni e l’influenza dei media – ha dichiarato il sacerdote – se non ci svegliamo, avremo una società corrotta dalla cultura della morte e dalla distruzione della sessualità e del rapporto tra uomo e donna». Come tristemente già accade in Occidente.

 

 

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