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L'ora della vaccinazione conta? Allora è vero che era sperimentale

la nuova bussola quotidiana paolo gulisano vaccini covid Jul 22, 2023

di Paolo Gulisano

Per giustificare l'inefficacia del vaccino, l'"esperta" Viola cita uno studio israeliano, tutto da dimostrare, secondo cui l'orario di somministrazione del vaccino anti-Covid sarebbe determinante per la sua efficacia. Ammettiamo che sia vero: sarebbe la prova che l'inoculo somministrato a milioni di persone era sperimentale. E così ammette gli effetti avversi. 

Chi è nato nella seconda metà del XX secolo, è cresciuto con un concetto ben chiaro nella testa, ripetuto dai media, dalla scuola, perfino dai pulpiti delle parrocchie: non esiste la verità. Non esiste una sola verità. Chi pretende di “avere la verità in tasca” è un intollerante, un residuo dell’antichità. Veniva insegnato che occorreva mettere tutto in dubbio, sistematicamente.

Oggi invece siamo entrati in un tempo di assoluto fideismo nei confronti della Scienza, per quanto contradditori e surreali siano i messaggi che provengono da coloro che si erigono a suoi portavoce, e che divulgano i loro messaggi dai mezzi di comunicazione mainstream, quelli che sono esenti dai controlli di chi va a caccia di bufale un tanto al chilo. Queste notizie non riescono nemmeno più a suscitare meraviglia, o ilarità.

La settimana scorsa abbiamo parlato degli studi - riportati da un quotidiano americano - che attribuiscono alla sedentarietà l’aumento nella popolazione delle trombosi e quindi della mortalità, con un calcolo di previsione di oltre 3 milioni di morti a breve a causa dello scarso movimento. Ora invece leggiamo su un quotidiano italiano, la Stampa, un articolo della biologa Alessandra Viola intitolato: “A che ora avete fatto il vaccino Covid? Prima delle 16 è più efficace”.

Possiamo immaginare la rabbia delle numerose persone che pur avendo fatto tre o quattro dosi si sono ugualmente ammalate in forma anche grave. «Potevate dirmelo che dovevo andare al mattino all’Hub vaccinale», è la loro giusta protesta. Molti dei lettori della Stampa che hanno sperimentato la stessa scarsa efficacia del prodotto genico staranno facendo sforzi di memoria riandando a due anni fa: a che ora lo avevano fatto, nelle due, tre o anche quattro occasioni? In ogni caso, ora c’è una motivazione, una giustificazione “scientifica” alla eventuale scarsa efficacia. L’ipotesi illustrata dalla professoressa Viola, che durante la pandemia si era anch’essa ritagliata un ruolo mediatico tra l’affollata schiera degli “esperti”, proponendo tra i primi la vaccinazione ai bambini, è ripresa - si legge nell’articolo - da uno studio condotto in Israele sulle vaccinazioni Pfizer.

Il presupposto di questa ricerca si basa sul cosiddetto ritmo circadiano dell’organismo umano, per cui ci sono variazioni della temperatura corporea nel corso della giornata, così come dei valori di pressione, o altri parametri fisiologici. È quella sorta di orologio biologico che regola il ritmo sonno-veglia e così via.  

Nello studio israeliano, in cui sono stati esaminati oltre un milione e mezzo di soggetti, in cui era stata somministrata la seconda dose, cosa si è andati a ricercare? Le reazioni avverse? No, perché queste si dà per scontato che non si verifichino. Da tale studio, che secondo la divulgatrice scientifica della Stampa sarebbe «strutturato su solide basi scientifiche», anche se non viene precisato quali, emergerebbe che le persone che sono state vaccinate al mattino o entro le 16 hanno sviluppato una protezione migliore rispetto a chi si è fatto inoculare il siero nel pomeriggio o di sera.

Una ricerca condotta su tale vasta scala, finalizzata a soddisfare questo tipo di curiosità, se sia meglio vaccinarsi al mattino o dopo l’ora della merenda? Non era meglio impiegare tempo e risorse per fare ben altre verifiche sui vaccini? Inoltre, se esisteva in partenza anche solo un sospetto che l’efficacia del siero fosse correlata alla cronobiologia e ai ritmi circadiani, significa che le autorità sanitarie israeliane hanno deliberatamente autorizzato un esperimento in cui le persone che venivano vaccinate dopo le 16 sarebbero risultate meno protette. E tutto per dimostrare che è meglio vaccinarsi al mattino? Per dimostrare che il sistema immunitario avrebbe un momento organicamente più propizio per essere stimolato?

Ma se fosse vero tutto questo, e lo studio israeliano non offre alcuna certezza, sarebbe l’ennesima conferma del carattere sperimentale di questa campagna vaccinale, presentata invece con delle certezze assolute. Infine, la professoressa Viola si è lasciata sfuggire questa ammissione, relativa agli studi sulle fasce orarie in cui somministrare il vaccino, non solo per ottenere il massimo dell’efficacia, ma anche «per ridurre i potenziali effetti avversi». Potenziali, cioè possibili. E non solo come ipotesi. Un campo di ricerca ben più importante dell’orologio biologico.

 

 

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