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La grande domanda: è così facile ingannare l’uomo?

francesco lamendola Sep 03, 2022

di Francesco Lamendola

Sappiamo che una singola persona può facilmente venire ingannata e truffata. Ciò accade tutti i giorni, particolarmente ai danni degli anziani: vi è una categoria di malviventi specializzata in questo tipo di azioni, ed è probabile che noi tutti, attraverso la persona dei propri genitori, o di qualche altra persona cara di una certa età, ne abbiamo fatto la diretta e amara esperienza. Si va dal furto vero e proprio, ai contratti con qualche compagnia telefonica o energetica la cui firma è stata estorta con l’astuzia, a quanti hanno fornito loro qualche prestazione, magari perfettamente inutile, ad un prezzo esorbitante, profittando della posizione di “amici” e della loro attenuata percezione del valore del denaro. Tutte queste cose sono ben note e non vale la pena di soffermarsi su di esse, se non per rilevare l’irrisoria facilità con cui è possibile, da parte di qualche malintenzionato che sia ben deciso e privo di scrupoli, raggirare gli esseri umani e privarli dei loro risparmi, o far spendere loro somme cospicue per ricevere in cambio qualcosa di sostanzialmente inutile, o quantomeno inutile per essi.

Ora, la domanda che non possiamo fare a meno di porre a noi stessi è la seguente: va bene il singolo individuo; ma è altrettanto facile ingannare e carpire la buona fede di milioni e miliardi di persone, simultaneamente e allo stesso fine, adottando e reiterando sempre e solo una stessa tecnica, sempre uguale, monotona e addirittura prevedibile? Non abbiamo in mente solo il gigantesco e criminale inganno della supposta emergenza sanitaria, scattata in tutto il mondo tra il febbraio e il marzo del 2020, cioè due anni e mezzo fa – un tempo considerevole per riflettere e per acquisire nuovi elementi di conoscenza, e quindi di valutazione, rispetto alla situazione iniziale e alle decisioni prese sotto la pressione di eventi in apparenza pressoché incontrollabili, ma durante il quale non è accaduto nulla del genere, se non per una piccola minoranza della popolazione e praticamente nessuna delle grandi istituzioni pubbliche. Tanto è vero che molti provvedimenti presi allora, sotto la spinta di quella prima impressione, sono rimasti in vigore tali e quali: e chi ha un parente ottantenne che si ammala  d’influenza e telefona al medico della mutua, o anche alla guardia medica del più vicino presidio ospedaliero, perché venga a visitarlo, fa l’amara esperienza d’un rifiuto categorico; mentre la strategia terapeutiche che gli viene consigliato di adottare è ancora e sempre la vigile attesa e la tachipirina, quando ormai anche i sassi hanno capito che la vigile attesa è sbagliata e che la pronta somministrazione di farmaci antiinfiammatori tradizionali, come l’aspirina (e non certo la tachipirina) può scongiurare le complicazioni e risolvere il problema nel giro di pochi giorni – sempre, beninteso, che il paziente non soffra già di altre serie patologie che richiedono comunque l’assunzione di altri farmaci. Dunque, due anni e mezzo non sono serviti a nulla: e nessun sindaco, nessun governatore regionale ha ammesso pubblicamente che i drastici provvedimenti di limitazione della libertà di circolazione e di spostamento dei cittadini, per non parlare dello stravolgimento delle attività didattiche nelle scuole, sono sati e sono perfettamente inutili e irragionevoli.

No, la domanda che ci poniamo è di portata assai più ampia. Ciò ch’è accaduto negli ultimi due anni e mezzo ha tutte le caratteristiche di una congiura, studiata e preparata da lungo tempo, contro la libertà, la salute e la vita di miliardi di persone; ma la vera domanda, proprio per questo, deve essere di portata generale: è dunque così facile ingannare non questa o quella persona, magari anziana o troppo giovane per capire certe malizie; ma in pratica l’intera umanità o la sua grande maggioranza? E non solo su una questione come quella di un virus (che peraltro nessuno ha mai visto, perché non è mai stato isolato), ma su qualsiasi cosa, posto che il potere l’abbia scelta come pretesto per attuare a ritmo accelerato una ristrutturazione sociale complessiva che, altrimenti, avrebbe richiesto anni e decenni e avrebbe incontrato forti resistenze? È così facile, specialmente oggi, in una società che si vanta d’essere infornata su qualsiasi cosa in tempo reale?

Abbiamo sempre sostenuto che l’irrisoria facilità con cui le pubbliche autorità sono state credute, e i mezzi d’informazione hanno potuto dire tutto ciò che hanno voluto (o meglio, che hanno voluto i loro padroni) si spiega col fatto che il terreno era stato preparato da decenni, mediante un’opera sistematica di appiattimento delle intelligenze, promozione del conformismo e spegnimento di ogni senso critico. Un’opera cui non è stata estranea la scuola, ma che si è svolta per mezzo di tutte le agenzie educative e tutti i centri di costruzione e diffusione delle notizie, e che, a livello filosofico, è stata agevolata dalla diffusione del relativismo più radicale quale “sistema” di pensiero pressoché unico e obbligato, cioè il solo politicamente corretto. Abbiamo inoltre sostenuto anche, nel caso specifico della cosiddetta emergenza sanitaria, che un ruolo decisivo è stato giocato dall’idea della morte, cui il pubblico non è più abituato e che lo terrorizza, proprio perché da tempo essa è stata fatta sparire dall’orizzonte visibile, e il mondo nel quale viviamo, inteso non in senso fisico ma psicologico, è popolato unicamente da immagini di persone perennemente giovani, dinamiche,  belle e soprattutto sane. Eppure queste spiegazioni appaiono a noi stessi insufficienti perché, pur tenendo conto degli effetti contagiosi di una forma d’isterismo collettiva, il lungo tempo trascorso e la possibilità d’informarsi in termini oggettivi, ad esempio verificando direttamente i numeri ufficiali dei contagi, delle guarigioni e dei decessi, e confrontandoli con quelli delle precedenti epidemie influenzali, per non parlare poi della composizione del siero miracoloso e dei suoi effetti collaterali, risulta chiaro che ci deve essere qualcos’altro, qualche fattore in se stesso semplicissimo, ma di cui non si è tenuto conto a sufficienza.

Innanzitutto, bisogna convincersi che i registi di questa tragica operazione controllano praticamente tutto: non solo le risorse finanziarie, i mezzi di comunicazione di massa (comprese le piattaforme web), la politica, i partiti e numerosi governi, ma anche le strutture per la ricerca scientifica, le aziende farmaceutiche e gli apparati sanitari. Pertanto quella cosa cattiva che è diventata la psicologia, da quando è caduta nelle loro mani, e quella cosa cattiva che è stata fin dall’inizio la sociologia, praticamente tenuta a battesimo da loro e per il loro esplicito interesse, ad esempio finanziando programmi di ricerca che le più prestigiose università hanno condotto ben volentieri, lusingate nella loro vanità e sedotte dalla prospettiva d’intercettare quel fiume di denaro, hanno fatto del loro meglio, cioè del loro peggio, per mettere a punto un quadro completo ed esaustivo di come si fa per esercitare il massimo della pressione sulla mente altrui, avendo cura di non rendere esplicite le proprie intenzioni e, fino a un ceto punto, la propria stessa presenza. E non è questione di complottismo e di vedere ovunque le tracce d’un piano diabolico che per prima cosa distrugge gli indizi riconducibili ad esso, ma la forma più elementare di logica e di buon senso. Anche noi agiremmo come quei signori, se - Dio non voglia – coltivassimo ambizioni analoghe. Come si potrebbe altrimenti spiegare il fatto, assolutamente unico nella storia e in apparenza pressoché inspiegabile, che pochissimi soggetti privati riescano a tenere in pugno e manovrare come marionette otto miliardi di esseri umani, rispettando formalmente, almeno fino ad un certo punto, i meccanismi della democrazia rappresentativa?

Gli studi, le ricerche e gli esperimenti finanziati per loro conto li hanno resi edotti che la mente umana non crede a ciò che vede e constata essere vero, bensì a ciò che le viene presentato come vero. Non solo: nella formazione del giudizio, la mente viene suggestionata da una quantità di fattori emotivi e irrazionali; se poi deve decidere che cosa fare e a quale linea di condotta attenersi, piuttosto che ispirarsi alla propria esperienza diretta e a ciò che le suggerisce il senso comune, si fa influenzare, spesso in maniera determinante, da ciò che gli altri le suggeriscono e le dicono essere il partito migliore. Ecco perché è importante farsi un’idea esatta di cos’è la mene, come funziona, a quali meccanismi è sensibile. La mente non è una sorta di specchio nel quale la realtà si riflette in maniera più o meno oggettiva: sarebbe bello che così fosse, e che quanto essa vi aggiunge di suo, in maniera soggettiva, fosse chiaramente riconoscibile; invece non è così. In pratica è molto difficile, per non dire impossibile, separare l’oggettività del dato percettivo dalla soggettività delle emozioni che si accompagnano ad esso e lo avvolgono, per così dire, in un’atmosfera particolare, nella quale fattori interiori concorrono a delineare il quadro d’insieme quanto, e forse più, dei fattori esterni e puramente oggettivi, misurabili e quantificabili.

Per fare un esempio banale, un incendio del quale si è stati testimoni è terribile se ha distrutto la casa di colui che l’osserva; mentre appare meno distruttivo se l’ha risparmiata, per quanto possa aver recato danni gravissimi ad altre proprietà. Bisogna liberarsi dall’idea che la mente, anteriormente all’esperienza, sia simile a un foglio bianco, una tabula rasa. Del resto, l’esperienza stessa è determinata da fattori e meccanismi che esulano, in gran parte, dalla coscienza e dalla mente razionale, e agiscono in maniera sotterranea. Se ci chiedono di guardare un foglio bianco, il nostro sguardo vi si posa in maniera indistinta e per così dire indifferente; ma se lo sguardo incontra un sia pur minimo oggetto che interrompa quella monotonia, subito l’attenzione si concentra su di esso. Se poi qualcuno segna un punto con il pennarello a punta grossa, e magari lo cerchia per evidenziarlo ulteriormente è certo che il nostro sguardo si fisserà su quel punto cerchiato, ignorando il resto della superficie bianca. Ebbene, il meccanismo della creazione delle notizie funziona esattamente allo stesso modo. Viene selezionata una certa notizia, magari per niente più meritevole della nostra attenzione di mille altre, o addirittura una non-notizia, un qualcosa di creato a tavolino, per qualche scopo inconfessato e inconfessabile: e subito l’attenzione del telespettatore vi si fissa. Non importa se vi sono molte altre notizie, sia rese esplicite, sia taciute, ma delle quali è impossibile sopprimere del tutto l’esistenza, le quali meriterebbero un’attenzione assai maggiore: la nostra mente, praticamente ipnotizzata da quella notizia o non-notizia, vi resterà impigliata, come la mosca dalla luce della lampadina in una sera d’estate, e non riuscirà a occuparsi d’altro, a rivolgere altrove la sua attenzione.

Quanto alla paura della morte, facciamo quest’altro esempio. Qualcuno segna col gesso uno stretto corridoio sul lastricato, e vi chiede di camminarci sopra: voi lo fate senza alcun problema. Poi, però, quello stesso corridoio viene posto in alto, sospeso nel vuoto e vi si chiede di ripetere la prestazione: ecco che il vostro senso dell’equilibrio vacilla e voi fate fatica a mettere un piede avanti all’altro. Avete paura di cadere. Anche se non c’è alcuna ragione per cui dovreste cadere, dato che avete già fatto lo stesso percorso, a terra, con assoluta sicurezza. Il fatto di essere a qualche metro da terra vi suggestiona invincibilmente: avete cinquanta probabilità su cento di arrivare in fondo e altrettante di precipitare. Se poi, sotto di voi, c’è una folla che si agita, che mostra segni di angoscia e predice una disgrazia, è quasi certo che cadrete. Oppure immaginiamo un cane che abbaia furiosa da dietro un cancello di ferro. Il cancello è chiuso, ma quel furioso abbaiare vi turba: preferite camminare a una certa distanza e non avete alcun desiderio di avvicinarvi. Sapete, razionalmente che il cane non può farvi alcun male: eppure avete una gran paura. Noi non siamo fatti di sola razionalità: altre cose entrano in gioco quando ci confrontiamo con l’esperienza. Ebbene, con la farsa pandemica è stata la stessa cosa: tutti dicevano che di quel virus si muore, perciò la gente si aspettava di morire; poi hanno detto che si sarebbe evitata la morte facendosi inoculare il siero, e la gente si è affrettata a obbedire. Una volta, due volte, tre volte, quattro volte; ora si parla apertamente del quinto richiamo. E pochi ci trovano qualcosa di strano. Se poi si fa loro osservare che tutto ciò non serve a schivare il contagio, rispondono: «Sì, ma almeno si prende il virus in maniera più blanda e non si muore». Hanno già la risposta pronta per tacitare ogni dubbio, anche se ciò equivale a smentire l’evidenza e il buon senso.

Quanto a loro, i registi di tutta questa mostruosa cospirazione, vale la pena domandarsi come facciano a reggere il peso di tutto il male, fisico e morale, da essi provocato. Parliamo di milioni di decessi dovuti a cure tardive e sbagliate; di milioni di persone morte in solitudine, abbandonate da tutti e senza neppure un vero funerale; di milioni di persone che hanno perso il lavoro perché la loro attività economica è fallita a causa delle reclusioni, o perché hanno rifiutato il siero obbligatorio; infine di milioni di persone che cadute in depressione, di bambini che hanno trascorso l’infanzia in un clima di terrore, privati del sorriso della mamma (nascosto da un’orrenda mascherina) e dei giochi coi coetanei. Come fanno a non provare alcun rimorso, anzi ad inasprire sempre più il loro disegno infernale? Ricordiamo che si tratta, in definitiva, di pedo-satanisti, anche se è difficile averne le prove; qualcosa si è intravisto all’epoca del Pizzagate: probabilmente è la vera ragione per cui Trump doveva perdere le elezioni. Stiamo parlando di gente che adora il Diavolo e uccide bimbi piccoli dopo averli stuprati. Da cose simili non si può tornare indietro, ma solo far sempre di peggio.

 

 

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