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NELLA SPERANZA SIAMO STATI SALVATI (IV PARTE)

emanuele sinese libertĂ  e persona papa benedetto xvi Sep 06, 2024

di Emanuele Sinese*

Giudizio come luogo di apprendimento e di esercizio della speranza 

Il Credo della Chiesa nelle battute finali conclude con le parole: <<di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti>>. Questa locuzione è un trattato Trinitario e Cristologico. Trinitario: Gesù prima ancora che esistesse il mondo era presso il Padre. Cristologico: Egli non è rimasto assiso nei cieli, non è il Motore Immobile di Aristotele, ma ha voluto incarnarsi, ed ecco che la salvezza è divenuta storia, dimora per l’umanità affinché ogni uomo giunga alla vita eterna. La salvezza si attua ovviamente mediante anche il giudizio, che ha interessato soprattutto i cristiani dei primi tempi, i quali hanno orientato l’intera esistenza in riferimento ad esso. Si pensi che negli edifici sacri cristiani che volevano rendere visibile la storicità della fede in Cristo si rappresentava sul lato occidentale delle pareti il Giudizio finale. Esso aveva la funzione di memoriale, di conseguenza di ricordare che la salvezza si attua anche nelle scelte quotidiane, quindi nel vissuto, ove ci si decide se essere per Cristo o contro Cristo. La fede non ammette scelte intermedie. Come afferma l’evangelista Matteo al capitolo 5, 37 il vostro parlare sia “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno. Nulla di lugubre o minaccioso, ma piuttosto di memoria come poc’anzi affermato, affinché ognuno secondo il primato della coscienza aderisca o rifiuti la proposta di salvezza.  

Il Giudizio finale secondo l’Epoca Moderna 

Nell’Epoca Moderna il Giudizio finale viene sminuito perché si cede al primato personalista della salvezza, che si attua perlopiù con il progresso tecnico scientifico. Sorge così anche a livello morale un mondo nuovo, ove si contrasta la presenza divina, soprattutto sul fronte sociale. Si afferma infatti: se Dio è buono e ha creato con ordine ogni cosa, perché esiste il male? Perché non interviene a contrastare le ingiustizie ? Si instaura così la dittatura relativista, anche sul fronte teologico ove il Salvatore è pensato come un liberatore sociale, escludendo a priori l’evento della croce mediante il quale ogni genere di ingiustizia e sofferenza è stata già espiata. Le ingiustizie sono la conseguenza dell’abuso della libertà da parte dell’uomo e non di Dio! Nel tempo suddette posizioni di pensiero hanno condotto allo sviluppo del teismo e della teologia della liberazione, i quali non escludono la presenza di Dio ma la riducono ad una forma di garanzia della giustizia universale. Dio diviene così un costrutto sociale, che realizza esclusivamente il regno umano, proprio come accadde il Venerdì Santo dinnanzi a Pilato. La gente scelse Barabba per ignoranza, per meschinità, ma tra la folla vi era anche chi vedeva nel brigante omicida una possibilità di liberazione politica; Gesù non fu così! Egli offrì l’emancipazione da un giogo ancor più gravoso: il peccato! 

L’uomo creato a immagine di Dio 

Il libro della Genesi narra della creazione. Tra gli elementi più sublimi vi è l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Al capitolo 1, 26 – 27 l’autore chiosa così: 

E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 

Il Concilio Lateranense IV(1215) ha riconosciuto e dichiarato che per quanto possa esservi somiglianza tra le creature e il Creatore, vi è anche dissomiglianza. La causa? La colpa antica, scaturita dalla superbia! Dio però per un atto di amore nei confronti dell’uomo si è dato un’immagine: Cristo! Cristo ha così cancellato il peccato e anche ogni immagine distorta di Dio( si pensi alla questione delle abluzioni citate nei Vangeli Sinottici, sono delle forme distorte da parte di alcuni strati sociali della cultura ebraica per parlare di Dio). Dio si è fatto carico della sofferenza, dell’ingiustizia, promettendo la risurrezione della carne ove ogni male verrà finalmente revocato. In conseguenza accettare di credere nel Giudizio finale significa opinare nella speranza, ma non in modo passivo, bensì attivo, quindi mettendosi nella condizione di lasciarsi salvare, da quell’amore così sublime che è Dio. L’uomo di ogni tempo, lingua, popolo e nazione cerca da sempre l’amore, ma il reale amore è Dio che in Cristo si rivela.  

Dio garante della giustizia 

Accusare la maestà divina di non intervenire a contrasto delle ingiustizie è irrisorio, così come l’eliminazione di Dio dalla vita comune. Rifacendosi all’immagine del Giudizio finale non bisogna cedere allo sconforto, in quanto lo scopo non è il terrore, ma la responsabilità. Nel cammino di fede vi deve essere responsabilità, in quanto come ben affermava sant’Agostino Dio ti salva, ma non senza di te. Sant’Ilario ricorda che ogni nostra paura è collocata nell’amore, si evince che è vinta dal supremo amore, che ha come nome Cristo Gesù. Dio certamente in virtù dell’amore non fa mancare la giustizia e la grazia. Tra di esse vi è circolarità ermeneutica, l’una non esclude l’altra. Dostoevskij nel suo romanzo I fratelli Karamazov afferma che i malvagi alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato. Prima ancora, Platone si espresse sul giudizio, che risulta essere simile, vero e salutare anche per il Cristianesimo. Egli utilizzò immagini mitologiche, che ben chiariscono il senso:  

Ora il giudice ha davanti a sé forse l’anima di un re o dominatore e non vede niente di sano in essa. La trova flagellata e piena di cicatrici provenienti da spergiuro ed ingiustizia e tutto è storto, pieno di menzogna e superbia, e niente è dritto, perché essa è cresciuta senza verità. Ed egli vede come l’anima, a causa di arbitrio, esuberanza, spavalderia e sconsideratezza nell’agire, è caricata di smisuratezza ed infamia. Di fronte a un tale spettacolo, egli la manda subito nel carcere, dove subirà le punizioni meritate. A volte, però, egli vede davanti a sé un’anima diversa, una che ha fatto una vita pia e sincera , se ne compiace e la manda senz’altro alle isole dei beati. 

Il Giudizio finale nella visione vetero giudaica e la salvezza offerta da Cristo  

La parabola del ricco epulone (Lc 16, 19 – 31) dimostra che anche nella fede giudaica le anime possono subire una punizione, ma non si esclude che le anime che vertono in codesta condizione non possano essere purificate e quindi assurgere a Dio. La Chiesa ha ripreso tali concezioni, sviluppando la dottrina del Purgatorio (scriverò in merito un articolo). Sorge l’istanza, che cosa salva? L’incontro con Cristo! È il fuoco del suo Spirito che “bruciandoci” ci fa riacquistare per grazia la reale natura, il fine per cui l’uomo è creato: giungere a Dio. L’incontro con il Sommo Bene rivela certamente la condizione di peccato in cui verte l’umanità, ma apre alla certezza che chi sceglie Cristo e decide di convertirsi è redento. Incontrare il Figlio di Dio significa accettare la volontà di divenire membra del suo corpo. Il Giudizio, se pensato e accettato secondo tale ottica, non diviene di condanna, ma d’amore, ove Gesù dinnanzi al Padre sarà il Paraclito, l’avvocato.  

Eucaristia culmine anche per i fedeli defunti 

Più volte si è affermato che l’Eucaristia è l’essenza della vita cristiana. Essa è di supporto anche ai fedeli defunti i quali, se vertono in una condizione transitoria come lo è il Purgatorio, mediante l’offerta del reale sacrificio giungono in minor tempo nella pienezza dei beati. Comprendere già qui e ora il valore salvifico dell’Eucaristia, ci pone nella condizione di pregustare il Regno dei Cieli. Ogni battezzato praticante ha il dovere di richiamare l’attenzione di ogni fratello a questa fonte di grazia, quale alimento sostanziale per ogni forma di vita umana. 

Maria stella della speranza 

Un inno composto tra il VIII e il IX secolo saluta Maria definendola stella. La stella rimanda l’attenzione ai Magi che cercavano Gesù, ma in questo frangente a Maria. Lei è stata la donna del sì, Ella in tutto ha seguito il Figlio fino alla fine, custodendo le parole del profeta Simeone “una spada ti trafiggerà l’anima”. Lei è stata la donna umile come annuncia il Magnificat, quindi colei che pur essendo preservata dal peccato non ha disdegnato di lasciarsi condurre dal Divin Maestro. Maria è stata la testimone del risorto, così come del perdono, infatti chiese che Giuda venisse reintegrato nel cenacolo affinché il risorto apparendo lo perdonasse, proprio come fece con Tommaso l’apostolo incredulo. 

*Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V.  È insegnante specialista di Religione.

FONTE : Libertà e Persona

 

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