“Nella speranza siamo stati salvati”. L’enciclica di papa Benedetto XVI (III parte)
Aug 20, 2024di Emanuele Sinese*
Luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza
Che cos’è la preghiera?
Essa è l’intima relazione tra l’uomo e Dio composta da inni, giaculatorie, richieste e silenzi. Se nessuno mi ascolta, Dio mi ascolta ancora. Se non posso parlare con nessuno, con Dio posso sempre parlare. Se nessuno può aiutarmi, Dio mi aiuta sempre. Si evince quindi che l’orante non è mai solo, ma sempre in unione con Dio anche nelle situazioni di vita più travagliate e tribolate. Si pensi per esempio alla vita del Cardinale Nguyen Von Thuen il quale ha vissuto tredici anni di carcere e isolamento per la fede in Cristo. Apparentemente il porporato viveva in una totale disperazione, ma l’ascolto della Parola di Dio e la preghiera gli hanno recato forza e speranza. Egli infatti pur consapevole dell’immensa inettitudine non si diede per vinto in quanto in Cristo aveva ottenuto il suo più grande riscatto: la certezza della vita eterna. A tal proposito viene in aiuto sant’ Agostino il quale illustra la relazione tra preghiera e speranza. Che cosa quindi significa pregare secondo Sant’Agostino?
La preghiera è l’esercizio del desiderio, ovvero la capacità di farsi riempire il cuore dall’amore di Dio. Agostino chiosa affermando che la preghiera è il luogo della purificazione da tutti quei desideri effimeri; mediante la preghiera l’uomo purifica se stesso dalla menzogna più grande che è il peccato. La preghiera è il risveglio della coscienza, perché pone il soggetto dinnanzi alla Somma Verità, allontanandolo dalle realtà effimere dell’esistenza. La preghiera è la relazione tra l’io e il tu, quel tu che è appunto Dio.
Agire e soffrire come luoghi di apprendimento della speranza
I filosofi Platone e Aristotele sostenevano che l’agire umano doveva tendere al bene, quindi a quella capacità da parte del soggetto di creare situazioni propositive per l’intero contesto sociale affinché regnasse l’armonia e la letizia. L’agire umano è certamente così, ma allo stesso modo deve deve già qui e ora costruire il Regno di Dio. Un regno non terreno, ove il Messia è pensato come liberatore politico (costui era Barabba), ma un regno celeste ove il pellegrinaggio terreno è anticipo della Beatitudine Perfetta, accettando e proponendo gli insegnamenti del Divin Maestro di cui la Chiesa ne è garante e mediatrice. Da un punto di vista sociale ogni cristiano è chiamato certamente a contribuire al benessere sociale mediante il pagamento delle tasse, la realizzazione della giustizia civile, la garanzia del futuro per i posteri, ma suddetti elementi non sono il fine ultimo in quanto l’obiettivo di ogni battezzato è la vita eterna, che si attua nell’accettazione del figlio di Dio. Tale accettazione consta nell’aderire alla proposta di figliolanza, alla primaria vocazione a cui si è chiamati: riconoscere Dio come l’autore della vita, dell’intelligenza (le scoperte dell’uomo sono possibili grazie alla razionalità che Dio ha posto nelle sue creature) e quindi a Lui convergere con ogni azione e scelta. Spesso le azioni umane sono in contrasto con la volontà divina, soprattutto per ciò che concerne la sofferenza. La sofferenza è una condizione umana causata dalla nostra finitezza. Il compito di ogni uomo è certamente anche questo: lenire il dolore! Su suddetto fronte però l’uomo è limitato e pensa di eliminare il dolore avvalendosi delle moderne tecniche, come l’eutanasia, il suicidio assistito e molto altro. Tali scelte però contrastano la dignità umana e l’immagine trinitaria insita nell’uomo già all’atto della procreazione. Può sorgere spontanea l’istanza: al dolore non vi è rimedio? Certo! Dio è entrato nella storia incarnandosi in Gesù e addossandosi l’intera sofferenza umana; in primis il peccato. All’apice di ogni dolore vi è la colpa antica, il peccato originale. Dio non aveva pensato alla sofferenza, alla fatica, ma a causa dell’antica colpa per rispetto della libertà umana da parte del creatore, il male nelle sue forme più svariate è entrato nel mondo, ma Dio mediante la Passione e Risurrezione dell’unigenito ha contrastato definitivamente ogni sorta di peccato e male. Si riporta quanto san Paolo afferma su codesta realtà:
Io Paolo, prigioniero di Gesù Cristo per voi gentili, se avete sentito parlare della dispensa della grazia di Dio che mi è stata data verso di voi: come per rivelazione mi ha fatto conoscere il mistero; (come ho scritto prima in poche parole, per cui, quando leggerete, potete comprendere la mia conoscenza nel mistero di Cristo) che in altri tempi non fu manifestata ai figli degli uomini, come ora è rivelata al suo santo apostoli e profeti dallo Spirito; affinché i pagani siano coeredi, e dello stesso corpo, e partecipi della sua promessa in Cristo mediante il vangelo: del quale io sono stato costituito ministro, secondo il dono della grazia di Dio che mi è stata data mediante l’efficace opera di il suo potere.
S. Paolo, Lettera agli Efesini 3, 1-7
La sofferenza, come si affermava poc’anzi, è parte integrante della vita di ogni uomo. Una società che pensa di eliminare la sofferenza eliminando l’uomo è crudele e disumana, in quanto non è aperta all’alterità, quindi all’altro e soprattutto all’altro per eccellenza che è Dio. A livello umano accettare l’altro significa partecipare anche al suo dolore. Nel matrimonio infatti i coniugi dinnanzi al sacerdote promettono di accettarsi anche nella buona e nella cattiva sorte, nel dolore e nella malattia. Amare come Cristo significa donarsi totalmente come Lui ha fatto sulla croce. A tal proposito chiosa san Bernardo di Chiaravalle affermando: Impassibilis est Deus, sed non incompassibilis. Dio non può patire, ma può compatire. L’uomo in riferimento a quanto sopra citato è chiamato a compatire, ma non secondo la logica umana, che il più delle volte cede ad una carità narcisista e fine a se stessa bensì secondo l’esempio della Passione di Cristo Gesù ove, donandosi totalmente, apre all’umano la via per la salvezza e alla fine dei tempi ogni lacrima sarà asciugata, ogni peccato redento e tutte le sofferenze rimosse.
*Emanuele Sinese è nato a Napoli il 24 Novembre 1991 e da anni vive a Bergamo. Ha frequentato l’Istituto di Scienze Religiose in Bergamo, conseguendo nel 2017 la Laurea triennale con la tesi Il mistero eucaristico in San Pio da Pietrelcina. Nel 2019 ha ottenuto la Laurea magistrale con la tesi La celebrazione eucaristica secondo il rito di San Pio V. È insegnante specialista di Religione.
FONTE : Libertà e Persona
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