Non esiste ma ci credo
Dec 14, 2022di Emanuele Gavi
Egregio Direttore,
ha mai pensato a quanti sono i concetti che tutti ripetiamo a pappagallo, ma se andiamo a vedere fanno riferimento a qualcosa che non esiste e non è mai esistito? Dalla parità di genere alla “omo-sessualità”, dalla scienza intesa come sapienza oracolare a certi presunti “diritti”… Sono invenzioni, mistificazioni, ma proprio perché ce ne parlano in continuazione siamo portati a credere che siano delle realtà di questo mondo. Tutto il contrario: una lunga sfilza di idee che la nostra mente dà per buone non sono più reali degli asini che volano.
“Eh no!”, La sento già esclamare. “Ho già capito dove vai a parare. Tu vuoi tornare al Medioevo!” Ecco, Direttore, allora partiamo di qui: il Medioevo non è mai esistito. Nessuno, nel 476 d.C., sapeva che quell’anno avrebbe segnato la fine dell’impero romano d’Occidente e l’inizio di una fantomatica Età di Mezzo. Secoli dopo, per esempio, Dante era convinto che l’impero nato con Giulio Cesare fosse ancora vivo e vegeto all’epoca sua: non vedeva discontinuità tra l’impero dell’antica Roma e il Sacro Romano Impero fondato da Carlo Magno. Dante, per noi uomo del Medioevo, non sapeva di esserlo. Non sapeva di vivere nel Medioevo semplicemente perché il Medioevo non esiste se non nella nostra testa: è un’etichetta che usiamo noi, per orientarci sulla linea del tempo, per collocare i fatti storici nel flusso ininterrotto della realtà che ci ha preceduto. Una convenzione, utile forse per dividere, classificare, distinguere i tempi più remoti da un’epoca più vicina a noi, nella quale identifichiamo le radici più prossime del nostro presente: l’età moderna. Chissà, tra mille anni potrebbe essere definito come “Età di Mezzo” il periodo in cui ci troviamo a vivere oggi.
E non solo il Medioevo inteso quale fase intermedia tra antichità e modernità non esiste, se non come astrazione destinata ad essere abbandonata col passare del tempo. Non è mai esistito nemmeno il Medioevo dei Secoli Bui, dell’oscurantismo: un’invenzione, un mito, una falsificazione, visto che i mille anni del Medioevo hanno visto succedersi periodi di difficoltà e decadenza e periodi di grande progresso, in ambito tecnologico, scientifico, artistico, e persino etico (le società del mondo classico furono schiaviste, il Medioevo europeo e cristiano abolì la schiavitù, che ricomparve poi in epoca moderna).
Veniamo allora ai nostri tempi, questi sì oscuri sotto molti aspetti. Viviamo immersi nelle menzogne. Si parla tanto di realtà virtuale, ma la realtà in cui viviamo ogni giorno è già virtuale al 50, al 70 o al 90 per cento: dipende da persona a persona, dalla misura in cui ciascuno di noi ha rinunciato alla sua facoltà di ragionare, da quanto prosciutto abbiamo sugli occhi. Vediamo.
Per essere accettata da una persona una bugia deve essere attraente, e molte delle bugie più gravide di conseguenze deleterie sono legate alla retorica dei diritti, dei cosiddetti “nuovi diritti”: il diritto di avere un figlio o di non averlo, il diritto di essere un’altra persona, persino il diritto di morire… Tutti questi diritti non esistono: o perché si va a distruggere la base stessa di tutti i diritti, la propria vita, affermando un presunto diritto a darsi la morte o a ottenerla dallo Stato; o perché si rivendicano diritti su un’altra persona, che a sua volta, visto che ci vantiamo di essere contrari alla schiavitù, è titolare di diritti (nel caso dell’aborto, il diritto alla vita del bambino); o perché ci si illude, in buona fede o meno, di avere diritto all’impossibile, visto che ci sono limiti che nessuno è in grado di superare (nessuno può scegliere il proprio sesso, per esempio, così come nessuno ha scelto l’epoca in cui vivere, o da quali genitori nascere).
Se poi ci chiediamo perché i potenti ci imbandiscono queste polpette avvelenate che chiamano diritti, perché ci convincono di queste menzogne, la risposta è semplice: per distruggerci. Il comune denominatore di tutte le prediche odierne sui diritti e sul progresso è facilmente individuabile. Si tratta di ridurre la popolazione. E per ridurre la popolazione si praticano due vie: si dà la morte o si impedisce la vita. Tutte le leggi cosiddette “progressiste” (si vedono le virgolette?) uccidono o impediscono la procreazione. Si uccide legalizzando e quindi diffondendo l’aborto, l’eutanasia, l’aiuto al suicidio, il consumo di droga… Si impedisce la procreazione mediante la contraccezione, il divorzio, la pornografia, cioè l’incitamento alla masturbazione, l’“omo-sessualità” (in realtà masturbazione reciproca), le sterilizzazioni…
Ma andiamo con ordine. Per ridurre la popolazione bisogna uccidere, c’è poco da fare. Siccome tutti noi abbiamo dentro un grillo parlante chiamato coscienza, bisogna convincere la gente che uccidere sia giusto, e questo si può fare in tempo di guerra, o che uccidere non sia davvero uccidere. Questa seconda strategia è stata adottata per legalizzare l’aborto, e poco per volta trasformarlo in un diritto delle donne. Abortire non significa sopprimere una vita umana: come si può convincere milioni di persone di questa falsità? Introducendo il concetto di embrione, visto come qualcosa di distinto dall’essere umano. L’embrione non è uno di noi, ma un grumo di cellule. In realtà l’embrione non esiste, come anni fa sentii dire a un filosofo di cui purtroppo non ricordo il nome. “L’embrione non esiste”, spiegava. “Esiste il gatto in embrione, il topo in embrione, l’elefante in embrione. Perché anche i grandi hanno iniziato da piccoli”. Insomma, l’embrione è un’astrazione che nasconde la realtà e ci convince ad accettare la soppressione di un essere umano come se si trattasse di altro.
Per ridurre la popolazione si riducono le nascite, trasformando l’aborto da delitto a diritto. Ma ancora più sicuro è ridurre il numero dei rapporti sessuali. Il che sa molto di oscurantismo e sessuofobia. E allora si rovesciano i termini della questione: la Chiesa cattolica, da sempre favorevole al matrimonio e alla procreazione, viene dipinta come il campione della repressione in campo sessuale, mentre il potere si presenta come difensore della libertà e dei diritti. Solo che in questo caso viene deliberatamente chiamata “libertà” quello che è semplice libertinaggio. Il sesso viene separato dal matrimonio, e poi dall’amore e dai sentimenti, e dato in mano a chiunque possa esercitarlo (o credere di esercitarlo) senza essere nelle condizioni di volere un figlio: adolescenti, semplici amici, persone sole davanti a uno schermo, persone dello stesso sesso e da ultimo i bambini, per la gioia dei pedofili.
Diffondere l’omosessualità nella società è un mezzo efficace per ridurre la popolazione, visto che le relazioni tra due uomini o tra due donne sono per forza di cose sterili. Solo che prima va introdotto il concetto stesso di “omo-sessualità”. Ma una sessualità “omo” non esiste: sesso significa copula, unione tra un essere maschile e uno femminile. Senza la differenza sessuale non si ha copula, non si ha unione, né fisica né spirituale, né si potrà avere una comunione di vita basata sulla complementarità sessuale. Quello a cui si limitano due uomini o due donne è omoerotismo, cioè masturbazione reciproca. Chiamare omo-sessualità questo comportamento, e di conseguenza valutarlo come una semplice variante della sessualità umana, serve a sostituire il sesso con qualcosa che sesso non è. Non esiste una “omo-sessualità”, così come è ingannevole parlare di “etero-sessualità”. Il termine “eterosessuale” è ridondante, allo stesso modo di espressioni come “prerequisito” o “restauro conservativo”: la sessualità è sempre “etero”, perché è l’unione di un maschio e di una femmina da cui si genera una nuova vita. Con tutta la buona volontà di questo mondo, due uomini tra loro non possono unirsi nell’atto sessuale, così come non possono farlo due donne. Possono solo, ed è cosa ben diversa, eccitarsi reciprocamente: erotismo, non sesso. Uno squallido surrogato.
L’erotismo a due non è mai stato confuso col sesso, nemmeno da chi lo praticava. Ce lo conferma il fatto che la parola “omosessualità” è una creazione recente: non esisteva prima del 1900 (prego controllare sullo Zingarelli. E “omosessuale” compare nel 1908, “eterosessuale” nel 1955 e non si ha traccia di “eterosessualità” prima del 1964). Termini del genere hanno un peso enorme, perché condizionano il nostro modo di pensare. Chi ci impone l’uso di un determinato lessico sta in realtà prendendo possesso delle nostre menti. È un invasore e tratta il nostro cervello come terra di conquista.
Proseguiamo nella nostra rassegna di concetti inesistenti a cui tutti credono, neanche fossero bambini ingenui davanti al nonno vestito da Babbo Natale. Se è possibile fare sesso con qualcuno che ha il nostro stesso sesso, che è un po’ come voler spalmare il burro sul burro, si può anche cambiare sesso, cioè fingere che un panetto di burro sia in realtà un pezzo di pane. Peccato che anche il cambiamento di sesso non esista: il burro resta burro (e a differenza del pane si squaglia).
Prendiamo per esempio la trama di un film, così come la possiamo leggere su MYmovies.it, uno dei più frequentati siti italiani di informazione cinematografica. Il cinema è un formidabile strumento di propaganda: la magia di una storia e il coinvolgimento emotivo che suscita ci convincono molto più facilmente di un saggio o un articolo di giornale, anche perché guardiamo un film per rilassarci, per divertirci, dunque non stiamo sulla difensiva e siamo molto più permeabili ai messaggi che l’opera esprime. Sono frecce che colpiscono la nostra mente senza che nemmeno ce ne accorgiamo: una volta entrati, lavorano, ci scavano dentro, soprattutto se vengono costantemente ripetuti, da altri film, canzoni, influencer e personaggi televisivi, uomini politici, e persino dagli insegnanti a scuola…
Nel 2018 è uscito un film curiosamente intitolato Girl. Ecco la trama, dal sito summenzionato:
“Lara ha quindici anni e un sogno: diventare una ballerina professionista. Ci prova ogni giorno Lara, alla sbarra, in sala, davanti allo specchio, nascondendo al mondo il suo segreto”.
E fin qui… sembra la storia di una Billy Elliot in gonnella (Billy Elliot è un film del 2000 ispirato alla vicenda di un ballerino inglese). Ma se andiamo avanti a leggere capiamo (se siamo ancora di grado di capirlo, se il verme della propaganda non ci ha già divorato la mente), che si tratta proprio di un altro Billy Elliot:
“Lara vuole danzare come una ragazza ma è nata ragazzo e deve fare i conti con un corpo che non ama, trasfigurandolo attraverso la danza e trasformandolo con gli ormoni. Seguita da un padre amorevole e un’équipe di medici che l’accompagnano psicologicamente nel passaggio di genere, insegue sulle punte il giorno dell’emancipazione da un corpo che odia fino a spezzarlo”.
Ah, dunque protagonista della storia non è una Lara che vuole fare la ballerina, ma un maschio che vuole diventare Lara. Caro Direttore, ha notato la mistificazione? La verità non sarebbe il dato biologico, ma la percezione di sé. Dunque la storia viene scritta così, come se si potesse riscrivere a piacimento anche la realtà delle cose: non un ragazzo che deve essere aiutato ad accettarsi per quello che è realmente, ma una ragazza a tutti gli effetti che ha il diritto di essere confermata nella sua presunta identità. Come se potesse esistere un’identità slegata dalla realtà. Come se si potesse essere felici nella menzogna. Come se si potesse vivere nella menzogna.
In realtà il cambiamento di sesso è impossibile, non esiste: è un pericoloso inganno che porta a terribili sofferenze, come testimoniano i cosiddetti “detransitioners”, come mostrano tristemente i tanti episodi di transessuali che si tolgono la vita. Altro che battaglia per i diritti! Anzi, per riprendere l’imbarazzante terminologia propagandistica di MYmovies.it, altro che “emancipazione da un corpo odiato”. Chi odia il proprio corpo odia sé stesso. Noi siamo il nostro corpo. Abitualmente pensiamo “Io ho il corpo”, ma dovremmo dire “Io sono il corpo”. Sono costituito da corpo, mente e anima, d’accordo, ma è un tutt’uno: io sono il corpo. E devo imparare ad amare il mio corpo, ad amare me stesso per come sono. Tra l’altro, posso mutilare il mio corpo, cioè mutilarmi, ma il mio DNA continuerà a ricordare al mondo, e a me stesso, che sono maschio (XY) o femmina (XX). Questa è la realtà: il dato biologico, il DNA. Il resto è aria fritta e pure avvelenata. Usano un termine accattivante come “emancipazione” per riferirsi in realtà all’autodistruzione. E, guarda caso, se poi mi mutilo, oppure mi “trasformo con gli ormoni”, per “emanciparmi da un corpo che odio”, finirà che non potrò più avere figli. Quando si dice la combinazione.
Che non esista la possibilità di cambiare sesso ci fa capire anche che non esiste nemmeno la parità di genere per come la si intende oggi. Cerchiamo di capirci, perché il discorso è estremamente serio e delicato. So di inoltrarmi in un campo minato, quando, da uomo, oso toccare l’argomento della parità di genere. Se con questa espressione ci riferiamo per esempio al fatto che le donne sul lavoro, a parità di condizioni, debbano avere pari retribuzione rispetto agli uomini, siamo d’accordo: è una battaglia sacrosanta. Ma oggi si equivoca deliberatamente sul concetto di parità e uguaglianza. Per uguaglianza non si intende la condizione di chi è uguale davanti alla legge, di chi cioè gode di pari diritti ed è tenuto a osservare pari doveri. Oggi per parità di genere si intende l’idea (sballata) che uomo e donna siano uguali (mentre sono profondamente diversi) e interscambiabili (ed essendo diversi non lo sono, interscambiabili, se non in determinati contesti). C’è chi vorrebbe spalmare il pane sul burro, tanto sono uguali. E invece non lo sono: pane e burro, uomo e donna, sono complementari. Ed è proprio la loro complementarità, cioè la loro differenza, a dimostrare l’inesistenza di una omo-sessualità e di una trans-sessualità. Ma anche della parità di genere così come è declinata oggi, in un’epoca in cui siamo andati ben oltre l’affermazione doverosa di pari dignità sociale tra i due sessi (sì, sono due).
Nell’evo oscuro in cui viviamo siamo arrivati a un indifferentismo che fa a cazzotti con la realtà delle cose. E, come tutte le ideologie, anche questo indifferentismo, questo ugualitarismo che è solo una degenerazione della giusta uguaglianza, lascia sul terreno le sue vittime. Sulle nostre spiagge sono sbarcate le bagnine. Il che significa che se sto affogando io, che peso 70 chili, forse la bagnina riesce a salvarmi. Se affoga il mio amico che di chili ne pesa più di 100, penso proprio che il suo destino sia segnato.
E non si tratta solo di vittime in carne e ossa: con la combinazione di malintesa parità di genere e transessualismo è morto lo sport, in particolare quello femminile. In ogni competizione in cui gareggia un trans vince il trans. Il che dimostra una volta di più, se ce ne fosse bisogno, che un trans è un uomo e ha una massa muscolare ben più sviluppata rispetto alle donne. Addirittura gli uomini vincono nelle gare di bellezza femminili, come il trans che è diventato Miss Greater Derry a un concorso di bellezza di Miss America. È la fine dei concorsi di bellezza. E non parliamo dei trans in carcere per reati sessuali che vengono messi in cella con delle donne e, ma guarda che strano, le violentano. In tutti i casi citati le prime vittime di questa ideologia sono proprio le donne.
In verità le donne non possono fare tutto ma proprio tutto quello che fanno gli uomini, così come gli uomini non possono fare tutto quello che fanno le donne. Io non potrò mai partorire, anche se c’è chi è pronto a sostenere il contrario. Non potrò mai vivere il miracolo meraviglioso di una vita che nasce e cresce dentro di me.
In un mondo folle come il nostro, in cui si prende a calci la realtà con tanta disinvoltura, appare paradossale, ma in fondo non stupisce, che l’era Covid sia caratterizzata da una fede cieca nella scienza. “Lo dice la scienza”: è questo il mantra che ci viene ripetuto fino allo sfinimento. Peccato che la scienza non esista. Esistono gli scienziati, e vanne a mettere d’accordo due. Non esiste la scienza come entità parlante, come oracolo a cui domandare umilmente un responso. Le varie virostar salite alla ribalta in questi anni hanno continuato a ripeterci “Lo dice la scienza”: erano forse stati a cena con la scienza la sera prima? E quando i signori virologi si sono dimostrati del tutto inattendibili, con le loro continue giravolte e piroette, era forse la scienza ad aver cambiato idea? Ma qui mi fermo, caro Direttore, perché la lettera si è allungata a dismisura, e rischiamo che Nessun Giornale diventi davvero sinonimo di Nessun Lettore.
Certo, ci sarebbe ancora da ricordare cosa invece esiste anche se viene negato tutti i giorni da potenti e media. Esiste l’essere umano. Esistono gli uomini e le donne. Esiste l’identità e la differenza sessuale. Ed esiste la stupidità, anche se il concetto è stato bandito, e a scuola per esempio non se ne può più parlare. Esistono la stupidità e la viltà: senza queste due caratteristiche umane, il castello di carte in cui ci tocca abitare sarebbe crollato subito.
Ed esistono i complotti, ovviamente. Sono sempre esistiti: si vedano film come JFK – Un caso ancora aperto (1991) o il più recente L’ufficiale e la spia (2019). Hanno insinuato subdolamente che il termine “complottista” sia sempre negativo, come fosse “fascista”, ma è un falso della propaganda. Essere fascisti è sempre e comunque sbagliato, essere complottisti è sbagliato solo se il complotto non esiste: se invece il complotto esiste, il complottista è la persona intelligente che ha capito.
Esisto io che scrivo e tu che leggi, amico lettore, ed esiste il mondo in cui viviamo, anche se qualcuno ha messo in dubbio anche questo. E perché la verità trionfi in questo povero mondo, vale la pena di battersi.
Caro Direttore, l’ho fatta lunga, lo so. Ma sono convinto che mi perdonerà ancora una volta.
Cordiali saluti
Emanuele Gavi
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