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Pensierini...

giglio reduzzi May 08, 2024

di Giglio Reduzzi

1. Quando la legge abbandona il buon senso 

Purtroppo questa situazione si verifica molto spesso. Per esempio: 

1) quando prevede che gli studenti musulmani che non parlano italiano non debbano essere messi in classe separate altrimenti, così facendo, invece di integrarli nella società (magari contro la volontà dei loro genitori), li “ghettizzi” e, dunque, poco importa se, come conseguenza, sono i ragazzi italiani ad essere penalizzati dal conseguente necessario ridimensionamento del programma scolastico. 

2) quando prevede che, essendo le colpe sempre personali, uno può tranquillamente far parte di una famiglia mafiosa ed avere uno o più famigliari condannati all’ergastolo e contemporaneamente insegnare in una scuola pubblica. 

O ricoprire una qualsiasi altra funzione pubblica, tipo essere membro della Polizia. 

Quasi che gli atti di mafia siano atti d’impulso e non conseguenza dell’aria che circola tra le mura domestiche. 

Sicché si hanno nuclei familiari in cui un membro opera secundum legem e l’altro contra legem. 

3) quando, anche in presenza di un reato passato in giudicato, il colpevole viene liberato per un banale vizio formale. 

Per esempio perché il magistrato si è dimenticato di redigere le motivazioni della sentenza od il cancelliere di recapitarle. 

4) quando, in un territorio controllato da decenni da una famiglia mafiosa, di cui si conosce nome ed indirizzo, la legge 

finge di ignorare la triste realtà e indice regolari elezioni, salvo poi annullarne il risultato quando di accorge che non valeva la pena farle. 

5) Quando si invitano le ragazze vittime di stupro a denunciare la violenza subita, ben sapendo che l’invito non potrà essere accolto se non da ragazze: 

· Che siano disposte a mettere in piazza tutti i dettagli della violenza subita; 

· Siano disposte ad attendere la sentenza per alcuni anni (la Magistratura italiana è nota per la sua lentezza); 

· Siano molto ricche, specie se il luogo del processo dovesse svolgersi, come spesso avviene, a tappe, e, come nel caso del procedimento in corso a Tempo Pausania, dovesse implicare ogni volta, il trasferimento via aerea di vittime, imputati, avvocati, documenti. 

Tanto per fare degli esempi. Ma ce ne sarebbero molti altri. 

2. Elezioni a getto continuo 

L’esperienza accumulata dovrebbe consigliare l’istituzione dell’election day almeno per le elezioni delle quali si sa in partenza che porteranno ad un esito simile se non identico. 

Parlo delle elezioni nazionali politiche e di quelle europee, dove gli elettori, conoscendo poco o nulla dei candidati, votano per ideologia. 

Diverso è il caso delle elezioni amministrative (sindaci e presidenti di Regioni), perché in questi casi, specie nei piccoli comuni, l’esito delle elezioni è fortemente influenzato dalle capacità amministrative che vengono attribuite ai candidati più che alle loro idee politiche. 

E difatti sia le elezioni europee del 2019 che quelle politiche del 2022 hanno avuto un esito pressocché identico, assegnando una netta vittoria al centro destra in entrambi i casi e lasciando intravvedere un risultato analogo per le europee di quest’anno. 

E siccome la data di quest’ultime non può essere spostata, è quella delle nostre elezioni nazionali che dovrebbe esserlo, beninteso quelle previste per il 2027. 

L’istituzione dell’election day eviterebbe l’imbarazzo che evidentemente prova oggi l’on. Paolo Gentiloni, il quale,  inviato a Bruxelles dal PD, ora si trova, in quanto Commissario europeo, a dover scegliere tra perseguire gli interessi del suo Paese e quelli non coincidenti del suo partito di provenienza. 

L’unicità della data assicurerebbe che la pattuglia di deputati inviata a Bruxelles sia politicamente connotata come quella scelta per il parlamento italiano, evitando che, se difformità ci debbano comunque essere (per il diverso orientamento degli altri Paesi), almeno non si verifichino tra rappresentanti dello stesso Paese. 

Ancora maggiore importanza avrebbe se l’election day venisse stabilito anche per l’elezione delle due figure apicali di questo Paese: il Capo dello Stato ed il Presidente del Consiglio. 

Il Premierato di cui si parla è cosa buona ma non sufficiente. 

Buona perché cancella l’anomalia tutta italiana di un Paese democratico che ha al suo vertice due personaggi, nessuno dei quali viene eletto direttamente dal popolo. 

Con il Premierato almeno uno lo sarà. Per ora siamo al livello di S. Marino. 

Insufficiente perché manca la simultaneità delle elezioni e l’uguale durata dei mandati. 

Infatti il mandato del Premier è di cinque anni, mentre quello del Presidente della Repubblica è di sette. 

Quindi, prima di pensare a far coincidere la data delle elezioni, occorre pensare a far coincidere la durata dei mandati. 

Sotto questo aspetto, Sergio Mattarella farebbe cosa saggia se, anche in permanenza dell’attuale sistema di elezione, si dimettesse subito dopo la nomina del nuovo Premier (cioè nel 2027 e non nel 2029), in modo che ad eleggere il suo successore siano i deputati del nuovo Parlamento. 

Sarebbe il solo modo per garantire quell’armonia tra vertici che tutti dicono di volere ma che, diciamolo francamente, ora manca del tutto. 

Né potrebbe esserci, tenuto conto che Sergio Mattarella è la stessa persona che ha fatto ministri persone del tutto incapaci che hanno combinato i peggiori disastri della storia italiana. 

Quando la Sinistra sostiene che la diversa durata dei mandati è benefica perché assicura il bilanciamento dell’azione governativa, dimentica che le istituzioni hanno il dovere di andare d’amore e d’accordo, non di controbilanciarsi. 

Quest’ultimo dovere spetta ai gruppi parlamentari. 

Seppur meno importante sarebbe utile che anche le elezioni amministrative (comuni e regioni) si tenessero nello stesso giorno. 

Non tanto per evitare di scomodare gli elettori due volte, invece di una, quanto per sottrarre agli opinionisti politici inevitabili continui confronti con la situazione a livello nazionale.

 

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