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Radicale inconciliabilità della Cabala e del Vangelo

francesco lamendola Sep 09, 2022

di Francesco Lamendola

Più si riflette sulla questione, e più ci si rende conto che tutto il pensiero moderno – e per pensiero moderno intendiamo specialmente da Cartesio in poi, fino ai nostri giorni – è profondamente, e sia pure velatamente, influenzato dal pensiero gnostico e cabalistico, che lo permea e lo lievita, conducendolo ad esiti sempre più palesemente anticristiani e antitradizionali; e ciò nonostante che esso sovente si presenti come ispirato alla tradizione, ma evidentemente una tradizione neo-ebraica o neo-pagana, la quale nulla ha a che fare con la sola Tradizione soprannaturale (e perciò scritta con la maiuscola) che un cristiano possa riconoscere come tale, quella che si rivela agli uomini nel mistero salvifico dell’Incarnazione del Verbo.

Nondimeno in molti ambienti culturali, anche interni all’area cristiana e cattolica, non mancano le voci degli ammiratori e dei laudatores della filosofia cabalistica, oltre, naturalmente, alle svariate filosofie moderne che, senza averne l’aria, sono in realtà impregnate d’idee gnostiche e cabalistiche e mirano a portare le menti e le coscienze sul terreno della gnosi e della Cabala, senza che queste se ne rendano conto, anzi essendo lontane mille miglia dal sospettare sia pur minimamente una cosa del genere. Ciò è particolarmente evidente, fra l’altro, nell’idealismo, sia quello hegeliano (Hegel stesso manifestava grande ammirazione per la figura di Gesù, naturalmente interpretato in un modo ben diverso da quello cristiano, e cioè come auto-coscienza dialettica del mondo dello spirito), sia nel neo-idealismo di Croce e Gentile, i quali entrambi, ma il secondo più esplicitamente, avevano la strana pretesa di possedere le “vere” chiavi dell’essenza del cristianesimo, per cui non esitavano a dirsi cristiani e anche cattolici, mentre di fatto, identificando Dio con la Storia, operavano una radicale immanentizzazione, e quindi una radicale falsificazione, dell’aspetto più specifico ed autentico del cristianesimo, che è l’assoluta trascendenza del Creatore e l’assoluta gratuità della Redenzione che viene dalla Grazia, e non da una forma di conoscenza alla quale l’uomo arriva da sé, con le sole sue forze,.

Citiamo una pagina significativa, dedicata allo Zohar, dello studioso di occultismo Jean Marqués-Rivière (1903-2000), ex massone che collaborò alla sceneggiatura del film antimassonico Forze occulte, realizzato nel 1943 nella Francia di Vichy (e del quale abbiano parlato a suo luogo) e poi dovette fuggire, al termine della Seconda guerra mondiale, per sottrarsi a una condanna a morte in contumacia con l’accusa di collaborazionismo (da: J.-M. Rivière, Storia delle dottrine esoteriche; titolo originale: Histoire des doctrines ésoterériques, Paris, Payot, 1971; traduzione dal francese di Donatella Rossi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1984, 1997, pp. 123-125):

Come ebbe luogo la creazione? Lo “Zohar” riporta un curioso esoterismo al riguardo, che si trova anche nel commentario di Abramo Ben Daud  sul “Sefer Ietzirah”:

«Quando si afferma che le cose sono derivate dal nulla,non si intende il nulla propriamente detto; poiché mai un essere può essere generato dal non-essere. Ma per non-essere si intende ciò che non è concepito per la sua stessa causa e nemmeno per la sua essenza; è, in una parola, la causa delle cause; è ciò che chiamiamo il non-essere primevo (…), perché anteriore all’universo: e per universo non intendiamo solo gli oggetti materiali ma anche la saggezza sulla quale il mondo è stato fondato. Se ora si domandasse qual è l’essenza della saggezza e in che modo essa è conosciuta nel NON-ESSERE, o nella CORONA SUPREMA, nessuno potrebbe rispondere a questa domanda perché nel non-essere non esiste alcuna distinzione  e alcuna forma di esistenza. E non si potrà comprendere di più come la saggezza sia unita alla vita». Lo “Zohar” aggiunge al riguardo:

«Tutte le cose di cui è composto il mondo, lo spirito come il corpo, ritorneranno al principio e alla radice da cui sono scaturite. Egli è l’inizio e la fine di tutti i gradi della creazione. Tutti questi gradi portano il suo segno e possono essere definiti soltanto con l’unità; egli è l’essere unico, malgrado le innumerevoli forme di cui si riveste».

Se Dio è allo stesso tempo causa e sostanza o, come direbbe Spinoza, la causa immanente dell’universo, egli diventa necessariamente il maestro della perfezione, della saggezza e della bontà supreme. (…)

Niente è assolutamente malvagio, niente è maledetto per sempre, neppure l’arcangelo del male (…). Del resto, la saggezza non è meno visibile quaggiù della bontà, perché l’universo è stato creato dalla parola divina, che altro non è se non questa stessa parola: nel linguaggio mistico dello “Zohar” l’espressione articolata del pensiero divino è, come abbiamo già appreso, l’insieme di tutti gli esseri particolari esistenti in embrione nelle forze eterne della saggezza superiore. Ma nessuno dei passaggi che abbiano già citato o che potremmo ancora citare per confermare questo principio sarà più interessante di quello che segue: «Il Santo, sia egli benedetto, aveva già creato e distrutto parecchi mondi prima di fermarsi al pensiero della creazione di quello in cui viviamo; e quando quest’opera fu sul punto di essere compiuta, tutte le cose di questo mondo e tutte le creature dell’universo, prima d’appartenere all’universo stesso e a qualche tempo in cui avrebbero dovuto esistere, si trovavano di fronte a Dio  sotto le loro vere forme. È così che bisogna intendere le parole dell’Ecclesiastico: Ciò che un tempo è stato, sarà anche nell’avvenire, e tutto ciò che sarà è già stato. Tutto il mondo inferiore è stato fatto a somiglianza di quello superiore: tutto ciò che esiste nel mondo superiore ci appare quaggiù come in un’immagine; e pertanto tutto questo non è che una cosa sola».

Quindi, tutto ciò che viene dallo spirito deve, secondo i cabalisti, manifestarsi e divenire visibile. Da qui la credenza in un alfabeto celeste e nella fisiognomica. (…)

Queste forme celesti ci portano ad indovinare la concezione dello “Zohar” concernente l’angelologia e la demonologia della Cabala.

Nei tre frammenti principali dello “Zohar”, nelle due “Idra” e nel “Libro del mistero” non si parla mai di questa gerarchia celeste o infernale, che verosimilmente doveva costituire un ricordo della prigionia di Babilonia; e inoltre, quando in altre parti dello “Zohar” si parla degli angeli, questi vengono descritti come esseri di gran lunga inferiori all’uomo e come forze il cui impulso cieco è sempre lo steso.

Ce ne offre un esempio il seguente passaggio dello “Zohar”: «Dio animò di uno spirito particolare ogni parte del firmamento; subito presero forma le armate celesti e si trovarono di fronte a lui. È così che devono essere spiegate queste parole: Con il soffio della sua bocca egli creò tutte le armate… Gli spiriti santi che sono i messaggeri del Signore non discendono che da un solo grado. Mas nelle anime dei giusti due gradi si fondono in uno solo: è per questo che le anime dei giusti si innalzano maggiormente e che il loro rango è più elevato».

Come si vede, i concetti centrali su cui si regge il pensiero cabalistico presentano più di una somiglianza e convergenza con alcune famose correnti filosofiche moderna (l’hegelismo, per esempio), coincidenze che non sono certo casuali; ma nessun punto di contatto, anzi una irriducibile opposizione, alle idee centrali del cristianesimo. Per lo Zohar e per tutto l’insieme della Cabala, è pacifico che l’universo non è stato creato dal nulla; che Dio non lo ha creato nel senso cristiano del termine, ma tutt’al più gli ha dato l’assetto attuale, fra l’altro dopo non pochi tentativi precedenti, tutti fallimentari e ripudiati da Lui stesso; che l’uomo non è di natura sostanzialmente diversa da Dio, in quanto, appunto, è una sua emanazione piuttosto che una sua creatura; che la natura dell’uomo è superiore a quella delle intelligenze celesti; che l’intero universo corrisponde a una precisa numerologia, e che venire a conoscenza di essa, tramite i nomi di potere, equivale ad acquisire una vera e propria signoria sulla realtà delle cose; che la creazione non è finita, non è mai conclusa, perché Dio stesso è in continuo divenire; che il male propriamente non esiste, né esiste il peccato nel senso cristiano, e che anche il male, tutto il male, compreso il demonio, alla fine verrà riconciliato con Dio, perché, in fondo, anch’esso non è che un aspetto del Tutto cosmico, e dunque di Dio medesimo; che la realtà è di natura interamente spirituale e che prima o dopo si manifesta in tutte le sue forme e possibilità, perché, coincidendo con l’Intelligenza divina – proprio come nella filosofia di Hegel – è tutta provvidenziale e tutta razionale, e in essa non vi è nulla che esca dal quadro della necessità, sicché il concetto di libero arbitrio, propriamente parlando, è una chimera e una impossibilità logica.

Insomma, da qualunque lato la si consideri, se c’è una forma di radicale opposizione al Vangelo di Gesù Cristo; se c’è una filosofia che mai, in alcun modo, per quanto ci si voglia provare, troverà un sia pur minimo punto di contatto con la Rivelazione cristiana, quella è la Cabala. È ben vero che la Cabala è, a ben guardare, una estensione – specificamente ebraica – del pensiero gnostico, con il quale condivide le origini e l’area di diffusione primitiva, i Paesi del Mediterraneo orientale nella tarda età ellenistica, ovvero nei primi secoli dell’era cristiana. E con lo gnosticismo essa presenta degli aspetti che sembrano prestarsi ad una interpretazione esoterica, mistica, gnostica, appunto, del cristianesimo stesso: beninteso, di un “cristianesimo” rivisto e corretto, e basato su di un sapere segreto che Gesù avrebbe trasmesso a pochi seguaci, mentre la Chiesa sarebbe nata sopprimendo tale sapere segreto e creando una sorta di mitologia popolare aperta a tutti, nella quale non vi sono segreti perché non c’è niente di vero e di profondo che sia suscettibile di schiudere le porte dell’assoluto e dell’eterno. E questa è la grande ambizione sia degli gnostici che dei cabalisti: schiudere quelle porte e consentire a pochi eletti di venire a conoscenza di quei segreti magici, alchemici e occultistici che consentono la vittoria sulle catene del mondo materiale, da essi considerato, appunto, alla stregua di un tetro carcere, così come lo vedevano anche i platonici e soprattutto i neoplatonici.

Giungiamo perciò alla constatazione che la Cabala, sia direttamente, sia, e più ancora, mediante l’influsso indiretto da essa esercitato su quasi tutta la filosofia moderna, dal Rinascimento in avanti, e specialmente negli ultimi trecento anni, cioè a partire dall’illuminismo, si presenta oggettivamente come una linea di pensiero e come una concezione del mondo opposta e antitetica a quelle cristiane; un pericolo tanto più accentuato allorché essa, insinuandosi all’interno del pensiero cristiano nelle varie forme dell’eterno gnosticismo, l’ultima delle quali è, in un certo senso, il modernismo, lo contamina dal di dentro e ne inquina il messaggio, offuscando ciò che in esso vi è di più specifico e irriducibile alla sapienza del mondo: la creazione gratuita dal nulla; la netta differenza ontologica fra Creatore e creature; il libero arbitrio e la chiamata dell’uomo a una scelta radicale pro o contro la Verità incarnata nella Persona di Gesù Cristo; l’inconciliabilità assoluta del male con il bene; il fermo ripudio di ogni astuzia umana, a cominciare dalla magia, volta alla ricerca di un potere segreto capace di conferire all’uomo un dominio sul mondo staccato dalla Volontà divina, il che farebbe dell’uomo una sorta di emulo o antagonista di Dio creatore (come di fatto avviene nella scienza moderna: il Knowledege is Power di Francesco Bacone); la redenzione dal male e dal peccato come dono gratuito di Dio, rivolto non a tutti gli uomini indistintamente, ma agli uomini di buona volontà, ossia agli uomini che hanno il timor di Dio e che sono capaci di umiliarsi davanti a Lui, per essere da Lui innalzati.

Tutti questi sono punti fermi della Rivelazione cristiana, e ciascuno di essi si scontra frontalmente con altrettanti punti fermi del pensiero gnostico-cabalistico, dopo che si sia portata un po’ di chiarezza in un mondo così umbratile e sfuggente, i cui sapienti si sono sempre dati la massima pena nel ribadire che quel pensiero non è esprimibile in termini chiari e recisi, perché del Primo Principio non si può dire alcunché di positivo, tanto più che essi si sono sempre basati su una trasmissione orale del sapere, in omaggio a quell’obbligo di segretezza che è uno dei tratti più caratteristici sia della gnosi che della Cabala. Una segretezza che consente sempre ai loro cultori di sottrarsi a definizioni precise e di giocare fino all’ultimo su un certo margine di ambiguità, che serve loro sia per nascondere le radici ultime della loro concezione che per insinuarsi con l’astuzia in ambiti estranei, come lo è il cristianesimo. In questo senso, ben si comprende come uno studioso del calibro di Julio Meinvielle (1905-1973) abbia potuto sostenere che, in buona sostanza, non vi sono che due possibili orientamenti di pensiero: quello cristiano-cattolico e quello anticristiano, gnostico e cabalistico, il quale rifiuta la creazione del mondo, la Santissima Trinità, l’Incarnazione del Verbo e la Redenzione divina operata mediante la Grazia e il sacrificio di Gesù Cristo sulla croce.

 

 

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