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Se gli oratori milanesi educano al gender

gender tommaso scandroglio Sep 27, 2022

di Tommaso Scandroglio

Il sussidio diffuso dalla Fondazione per gli Oratori Milanesi (FOM) per il nuovo anno pastorale ignora Cristo, i sacramenti, la vita eterna, e parla invece di identità di genere e orientamento sessuale. È l'appiattimento totale su categorie psicologiche e sociologiche dettate dal mondo.

La Fondazione diocesana per gli Oratori Milanesi (FOM) ha presentato le linee guida per la formazione degli adolescenti per il nuovo anno pastorale, linee guida che si chiamano Attraverso.
Al capitolo “Affettività” il sussidio afferma che l’adolescenza è una fase di passaggio in cui il ragazzo “sperimenta differenti visioni di sé che lo accompagneranno ad una maggiore consapevolezza della propria identità, del proprio genere e della propria capacità di mettersi in relazione con l’altro”. Più avanti si aggiunge: “Quando parliamo di affettività e sessualità entrano in gioco diverse dimensioni che in passato erano unite tra loro mentre oggi sono disgiunte: identità biologica, orientamento sessuale, identità di genere, ruolo di genere. Come io mi definisco rispetto a queste 4 dimensioni? Si potrebbe iniziare l’anno pastorale riflettendo su questo tema e invitando gli adolescenti a partecipare ad un weekend di fraternità per approfondire il tema dell’identità sessuale e della differenza di genere”. Infine si indica il “codice binario” (il sesso maschile e quello femminile) come punto di riferimento imprescindibile.

Alcune considerazioni. La prima: la formazione cristiana dei ragazzi ormai prescinde da Cristo. Ossia non si parla più di Dio, dei sacramenti, della vita eterna, di Maria, etc. bensì è tutto schiacciato sul piano psicologico e sociologico. Tra l’altro è una impostazione questa che è vecchia almeno di mezzo secolo. Vogliamo essere innovativi? Torniamo all’antico.

Seconda considerazione: espressioni come “identità di genere”, “ruolo di genere” e “differenza di genere” sono espressioni ideologiche, ossia coniate appositamente dall’ideologia gender per sdoganare un pensiero rivoluzionario anticristiano e quindi non appartengono e non devono appartenere al lessico del credente. Usare queste parole significa già accettare tutto il portato culturale rivoluzionario presente in esse.

Terza considerazione: il sussidio ci spiega che “identità biologica, orientamento sessuale, identità di genere, ruolo di genere” una volta erano dimensioni tra loro unite, ma oggi non è più così. Innanzitutto questo è vero per le cosiddette identità biologica (sesso biologico), identità di genere (percezione di sé come appartenente al mondo maschile o femminile),  e ruolo di genere (assegnazione sociale del proprio ruolo sessuale). Ossia una volta, nella quasi totalità dei casi, chi era ad esempio maschio, si sentiva maschio e veniva considerato come maschio. Oggi accade ancora così nella maggior parte dei casi, anche se le eccezioni sono aumentate.
L’orientamento sessuale invece indica un’attrazione verso una persona di un certo sesso e sicuramente non si identificava con le dimensioni prima citate, ma si distingueva da esse perché appunto riguarda l’attrazione fisica affettiva e non l’appartenenza sessuale che comunque è presupposto implicito.

Ma al di là di queste sottigliezze, la FOM pare andare dietro al mainstream, ossia: ormai queste suddivisioni sono entrare nella coscienza collettiva e quindi le accettiamo anche noi. Non ci stupiremmo se nel weekend dedicato a queste tematiche si passasse il tempo a domandare ad un ragazzo se si sente maschio o femmina e se prova attrazione verso persone dello stesso sesso o di sesso diverso. Domande a cui poi non seguirebbe una indicazione precisa di cosa la Chiesa insegni a riguardo, perché l’importante è ascoltare senza fiatare. In breve il problema è questo: vero è che la vulgata corrente impone queste nuove griglie concettuali, ma il cattolico non le deve far proprie, le deve criticare alla luce di una sana antropologia.

E quindi l’errore è duplice: in primis credere che queste tematiche siano più importanti di altre quali il peccato, la salvezza e la santità solo perché il mondo ne parla in continuazione e dunque non ci si può esimere dal trattarle. Un secondo errore è nel volerle approcciare non secondo un’antropologia cattolica bensì secondo la concezione propria della teoria del gender che poi, vanamente, si cerca di interpretare secondo principi cristiani: il riferimento al codice binario è già di per sé illuminante.

Ma anche se si volesse indagare il maschile e il femminile, che lo si faccia come ha insegnato Giovanni Paolo II nelle sue catechesi sulla teologia del corpo. E dunque, si vuole che il ragazzo si comporti da uomo? Parlategli dei martiri cristiani che non ebbero paura di dare la propria vita per Cristo. Istruitelo sulla virtù della fortezza – il vincente trova le soluzioni,  il perdente trova le scuse -  del coraggio – non vergognarsi di dirsi e mostrarsi cristiano in pubblico - della lealtà, su cosa sia la nobiltà d’animo e sul senso della responsabilità: tenere fede alla parola data, assumersi gli oneri delle proprie scelte, avere il coraggio di ammettere le proprie colpe, etc. E poi insegnategli a comportarsi da uomini nel modo di parlare, di scrivere, di vestire, nella scelta dei propri svaghi, dell’uso del proprio tempo, etc.
Volete che una ragazza impari ad essere femminile? Parlatele di Maria, dell’eroismo di una Gianna Beretta Molla, del polso di ferro che avevano le badesse in epoca medioevale, della bellezza del pudore e della castità, due virtù estremamente seducenti per i maschietti. E lasciate l’identità gender e i codici binari a chi schifa tutto questo.

 

 

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